Economia

L’accordo sul grano…che arriva da lontano

di Giovanni Vasso -

ADOLFO URSO MINISTRO DELLE IMPRESE E DEL MADE IN ITALY


“I cervelli italiani e israeliani, insieme, fanno una bomba atomica”. Di pace e di prosperità, però. Con queste parole, l’ex ambasciatore di Israele in Italia, Dror Eydar aveva presentato l’alleanza tra i due Paesi sul fronte dell’agricoltura di precisione, innovativa e digitale. Che nasceva a Napoli, nell’ambito del Techagriculture Meeting, con l’obiettivo, ambizioso, di sfamare il mondo. O, quantomeno, i popoli del bacino del Mediterraneo. In quell’occasione ci fu un confronto importante tra due mondi produttivi e due visioni del mondo agricolo che coinvolse ben ventisei start-up israeliane e ottanta aziende agricole italiane, con la partecipazione di oltre 400 persone. In quell’iniziativa, fortemente voluta dall’allora governo Draghi, si intravedono le radici dell’attuale strategia del governo. Sembra passato un secolo, ma la guerra in Ucraina, coi porti chiusi e le forniture di grano, girasole, cereali e altri prodotti agricoli bloccate, nella primavera dello scorso anno, pose la sfida alimentare. L’Onu temeva l’insorgere di una carestia nell’area nordafricana e subsahariana che avrebbe potuto investire in pieno l’Europa, con nuovi eserciti di migranti pronti a tutto pur di raggiungere il Vecchio Continente. La sfida era semplice e ambiziosa: gli italiani ci avrebbero messo la biodiversità e la tradizionale cura, gli israeliani invece le loro idee e la loro, innegabile, spinta innovatrice. Con l’obiettivo di produrre meglio: più qualità, più quantità sfruttando gli stessi spazi di oggi. “Le interazioni qui stabilite – disse Eydar – hanno una dimensione non solo commerciale, ma anche universale: le crisi climatica, energetica e alimentare richiedono sforzi congiunti globali”. Questa “complementarietà” è alla base della rinnovata alleanza tra Roma e Gerusalemme. L’Italia ci mette la manifattura, Israele l’innovazione. Due cervelli che insieme possono fare una “bomba atomica”, di pace e di prosperità.
Il ministro alle imprese e al Made in Italy, Adolfo Urso, ha avuto perciò buon gioco a ribadire quanto siano profonde le relazioni tra Italia e Israele che “condividono gli stessi valori di libertà” e lavorano insieme “per una risposta congiunta alle nuove sfide globali che dobbiamo vincere”. Urso ha fatto riferimento alle rotte del gas, alla necessità, per l’Italia di farsi hub energetico del Mediterraneo che passa, per forza di cose, anche dall’intesa con il governo di Gerusalemme. Ma la collaborazione economica è ampia e non riguarda solo il tema dell’energia. Anzi. Al Forum per le imprese che si è tenuto subito dopo l’incontro a Roma tra la premier Giorgia Meloni e il presidente Benjamin Netanyahu, si è parlato non soltanto di energia e di sicurezza ma anche (o forse soprattutto…) di digitalizzazione, salute, risorse idriche e, appunto, agricoltura e innovazione. Si tratta di temi che non sono per nulla slegati tra loro, anzi. La digitalizzazione è la frontiera (anche) dell’agricoltura che in questo momento, in Italia, sta affrontando un avversario pericolosissimo: la siccità. E qui entrano in gioco le competenze maturate dagli agricoltori e dai ricercatori israeliani in decenni di lotta, durissima e riuscita, per fare del deserto un giardino fiorito. Urso ha ammesso che “L’esperienza nella gestione della crisi idrica in Israele è all’avanguardia può servire in questo periodo di grandi cambiamenti climatici”.
Grandissimo spazio è stato dedicato ai temi della transizione green. Sullo sfondo il nodo dei nodi. Ossia la ritrovata centralità del Mediterraneo negli equilibri geopolitici non solo europei ma mondiali.
Urso, al Forum, ha spiegato: “Italia e Israele possono dare una risposta congiunta alle nuove sfide globali poiché godono di relazioni bilaterali profonde e solide, costruite su basi di amicizia, con una condivisione di valori e una forte cooperazione scientifica, tecnologica e industriale. Il destino dell’Europa si gioca nel Mediterraneo e i nostri Paesi insieme possono indicare la strada da percorrere anche perché hanno sistemi economici e produttivi complementari, particolarmente congeniali per affrontare le nuove frontiere tecnologiche”.
Il ministero al Made in Italy, inoltre, ci ha tenuto a specificare che il tessuto economico e produttivo italiano e quello israeliano “vantano una naturale complementarietà: la forte vocazione manifatturiera italiana unita all`avanguardia delle tecnologie israeliane”. E ha riferito che “sempre più aziende italiane partecipano a importanti gare, pubbliche e private, nel contesto anche dell`Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica” grazie al quale hanno trovato finanziamenti “oltre duecento progetti di interesse comune”.


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