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L’acqua in Lombardia contaminata dai Pfas

di Ivano Tolettini -

ASSOCIAZIONE MAMME NO PFAS


La denuncia è potente. L’allarme per il disastro da Pfas, gli acidi perfluoroalchilici usati in svariati settori industriali e che prodotti per decenni dalla Miteni di Trissino hanno inquinato una fetta delle province di Vicenza, Verona e Padova mettendo a repentaglio la salute di 350 mila persone, adesso investe la Lombardia. Un rapporto di Greenpeace Italia accusa che parte “dell’acqua di uso potabile è contaminata da Pfas”. I gestori pubblici, come MM spa di Milano, replicano che le costanti analisi escludono pericoli. A loro dire l’acqua è sicura, tuttavia la mappa pubblicata da Greenpeace evidenzia la pericolosa presenza delle sostanze chimiche usate per produrre tessuti, pentole antiaderenti, schiume antincendi, stent coronarici e molto altro, che sono indistruttibili. Tanto che sono definite “inquinanti per sempre”.

FUORI CONTROLLO

Il ricercatore Giuseppe Ungherese, a capo della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, afferma a L’identità “che l’emergenza ambientale e sanitaria messa in luce in Lombardia grazie all’accesso agli atti depositati alle Agenzie di tutela della Salute e ai documenti spediti ai gestori pubblici che trattano le acque, è pesante e fuori controllo”. Ungherese spiega che il 18,45% dei 4 mila campioni visionati, pari a 738 nel quinquennio 2018-2022, è positivo ai nemici chimici invisibili. In testa alla classifica della contaminazione da Pfas c’è Lodi (84,8% dei campioni positivi), seguita da Bergamo, Como, Creta e Milano, con 201 campioni avvelenati, quindi Brescia (149), Bergamo (129). “Queste sostanze sono un evidente pericolo per l’uomo e l’ecosistema come hanno mostrato le analisi condotte in Veneto – aggiunge Ungherese – per questo chiediamo alle autorità che siano messe al bando. Alternative sul piano industriale ci sono. Vogliamo che l’Italia faccia propria la proposta europea di legge sottoscritta da Danimarca, Germania, Norvedia, Paesi Bassi e Svezia”. Il 60% della produzione mondiale di questi acidi è controllato da 8 multinazionali e il 65% si fabbrica in Cina. In Italia, dopo che il sito Miteni nel Vicentino, nonostante la produzione sia stata spostata da anni continua a inquinare le falde per 150 chilometri verso il Padovano, sono attivi due stabilimenti. Nell’Alessandrino della Solvay Solexis a Spinetta Marengo e nel Bresciano a Collebeato della Daikin.

CORTE D’ASSISE

Intanto, prosegue in Corte d’Assise a Vicenza il processo a carico di 15 manager e amministratori di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, imputati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale e reati fallimentari, poiché l’azienda è fallita, e a fine mese dovrebbe deporre anche l’avvocato americano Robert Billot che ha patrocinato la class action contro la DuPont. “Chi è sottoposto a contaminazione costante, anche bassa, nel sangue da Pfas rischia sempre molto, l’ideale sarebbe un tasso zero”, dice Billot. E nei giorni scorsi si è appreso che in Australia il governo di Adelaide ha versato 81,5 milioni di euro a 30 mila persone sull’inquinamento da Pfas del suolo provocato dalla schiuma dei pompieri nelle basi militari perché i terreni si sono svalutati. “Temiamo per le conseguenze sulla salute della gente”, riferisce ai giornalisti il primo ministro australiano Anthony Albanese.

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