Un pozzo senza fondo. Di accuse, di contributi pubblici, di ipocrisia. Si è scoperchiato il vaso di Pandora sugli affari di casa Soumahoro, finita nel mirino degli inquirenti che hanno indagato Maria Therese Mukamitsindo, suocera del deputato, per malversazioni di erogazioni pubbliche sull’accoglienza dei centri per migranti gestiti dalle coop fondate dall’imprenditrice, il Consorzio Aid e la Karibu, e nella cui amministrazione, fino allo scorso 17 ottobre, era coinvolta anche la moglie di Aboubakar Soumahoro, Liliane Murekatete. Da mesi, sulle due cooperative, erano in corso accertamenti dell’Ispettorato del Lavoro, che sta facendo luce sulle denunce di una trentina tra dipendenti e migranti, che attraverso il sindacato hanno lamentato di non essere stati pagati, per almeno 18 mensilità, di non essere stati assistiti, lasciati addirittura senza cibo e acqua, e di essere stati maltrattati. Eppure, come rivelato in esclusiva su L’identità, il business delle coop di Mukamitsindo era enorme, se si calcola che solo Karibu, negli ultimi anni, ha incassato quasi 65 milioni di euro per gare vinte al Ministero dell’Interno, alla Regione Lazio, alle Pari Opportunità. Un fiume di soldi passato nelle casse di quella che, inizialmente, era una piccola realtà: Karibu aveva visto la luce all’inizio del nuovo millennio e nel 2001 aveva partecipato a un bando del Viminale per donne sole e bambini richiedenti asilo. La svolta, che trasformerà Maria Therese nella grande signora dell’accoglienza da milioni di euro l’anno, arriva nel 2010, quando la fondatrice di Karibu partecipa al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, dedicato all’integrazione al femminile. “L’approccio di Karibu non è nient’altro che il perfezionamento della mia esperienza di donna in fuga. Quando sono arrivata in Italia, non c’era nessuno ad accogliermi. Ho vissuto la difficoltà di una mamma che non ha niente da dare ai suoi bambini, obbligata ad andare alla Caritas a chiedere il cibo, a chiedere un vestito, a chiedere”, disse nel suo intervento dal palco. Parole emotivamente forti, che oggi fanno male a quelle donne che, come certificato dai video girati nei centri di accoglienza della famiglia di Soumahoro, chiedevano disperatamente da mangiare per i loro figli e dicevano di dover andare appunto alla Caritas perché lì non si vedevano né soldi né alimenti. E che indignerebbero perfino una famiglia ucraina, fuggita dalla guerra e ospitata a Roccasecca dalla Karibu, nell’ambito del bando sull’inclusione nel mondo del lavoro che tra il 2021 e il giugno scorso è valso alle coop un contributo di quasi due milioni. “Queste persone mi hanno contattata e hanno lamentato che non ricevevano dalla coop neppure i pocket money”, ha detto a L’Identità il sindaco Barbara Petroni, riferendosi alla diaria per i migranti. “Sono dovuta intervenire io e, con molto ritardo, gli sono stati consegnati. Alla fine questa famiglia ha deciso di andarsene”, ha precisato. E tornano le parole di Maria Therese al Meeting di Rimini: “La prima condizione per l’accoglienza, per l’integrazione, è: rispetto, fiducia e libertà. Se mancano queste tre cose, manca tutto, è inutile che offriamo su un piatto d’argento le cose che servono”. Due mesi dopo, su un piatto d’argento arrivò la fortuna di Karibu. Con la determina 308 del settore Servizi sociali del Comune di Sezze, il sindaco di centrosinistra Andrea Campoli affidò la gestione del Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati alla coop. Mukamitsindo prese prestigio, fu elogiata dall’allora ministro Mara Carfagna e iniziò la sua ascesa, bipartisan, dall’agro pontino. Finché le prime ombre si addensarono con la protesta dei migranti del Cas di Borgo Sabotino, il luogo in cui la Ericher 29 di Salvatore Buzzi mandava i rifugiati a fare gli schiavi nei campi dei caporali. Molto rumore, ma nessun intervento. Almeno fino a pochi giorni fa, quando i buoi sono scappati dalla stalla.
Lady Accoglienza e quel battesimo fra gli applausi al Meeting di Rimini

Un pozzo senza fondo. Di accuse, di contributi pubblici, di ipocrisia. Si è scoperchiato il vaso di Pandora sugli affari di casa Soumahoro, finita nel mirino degli inquirenti che hanno indagato Maria Therese Mukamitsindo, suocera del deputato, per malversazioni di erogazioni pubbliche sull’accoglienza dei centri per migranti gestiti dalle coop fondate dall’imprenditrice, il Consorzio Aid e la Karibu, e nella cui amministrazione, fino allo scorso 17 ottobre, era coinvolta anche la moglie di Aboubakar Soumahoro, Liliane Murekatete. Da mesi, sulle due cooperative, erano in corso accertamenti dell’Ispettorato del Lavoro, che sta facendo luce sulle denunce di una trentina tra dipendenti e migranti, che attraverso il sindacato hanno lamentato di non essere stati pagati, per almeno 18 mensilità, di non essere stati assistiti, lasciati addirittura senza cibo e acqua, e di essere stati maltrattati. Eppure, come rivelato in esclusiva su L’identità, il business delle coop di Mukamitsindo era enorme, se si calcola che solo Karibu, negli ultimi anni, ha incassato quasi 65 milioni di euro per gare vinte al Ministero dell’Interno, alla Regione Lazio, alle Pari Opportunità. Un fiume di soldi passato nelle casse di quella che, inizialmente, era una piccola realtà: Karibu aveva visto la luce all’inizio del nuovo millennio e nel 2001 aveva partecipato a un bando del Viminale per donne sole e bambini richiedenti asilo. La svolta, che trasformerà Maria Therese nella grande signora dell’accoglienza da milioni di euro l’anno, arriva nel 2010, quando la fondatrice di Karibu partecipa al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, dedicato all’integrazione al femminile. “L’approccio di Karibu non è nient’altro che il perfezionamento della mia esperienza di donna in fuga. Quando sono arrivata in Italia, non c’era nessuno ad accogliermi. Ho vissuto la difficoltà di una mamma che non ha niente da dare ai suoi bambini, obbligata ad andare alla Caritas a chiedere il cibo, a chiedere un vestito, a chiedere”, disse nel suo intervento dal palco. Parole emotivamente forti, che oggi fanno male a quelle donne che, come certificato dai video girati nei centri di accoglienza della famiglia di Soumahoro, chiedevano disperatamente da mangiare per i loro figli e dicevano di dover andare appunto alla Caritas perché lì non si vedevano né soldi né alimenti. E che indignerebbero perfino una famiglia ucraina, fuggita dalla guerra e ospitata a Roccasecca dalla Karibu, nell’ambito del bando sull’inclusione nel mondo del lavoro che tra il 2021 e il giugno scorso è valso alle coop un contributo di quasi due milioni. “Queste persone mi hanno contattata e hanno lamentato che non ricevevano dalla coop neppure i pocket money”, ha detto a L’Identità il sindaco Barbara Petroni, riferendosi alla diaria per i migranti. “Sono dovuta intervenire io e, con molto ritardo, gli sono stati consegnati. Alla fine questa famiglia ha deciso di andarsene”, ha precisato. E tornano le parole di Maria Therese al Meeting di Rimini: “La prima condizione per l’accoglienza, per l’integrazione, è: rispetto, fiducia e libertà. Se mancano queste tre cose, manca tutto, è inutile che offriamo su un piatto d’argento le cose che servono”. Due mesi dopo, su un piatto d’argento arrivò la fortuna di Karibu. Con la determina 308 del settore Servizi sociali del Comune di Sezze, il sindaco di centrosinistra Andrea Campoli affidò la gestione del Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati alla coop. Mukamitsindo prese prestigio, fu elogiata dall’allora ministro Mara Carfagna e iniziò la sua ascesa, bipartisan, dall’agro pontino. Finché le prime ombre si addensarono con la protesta dei migranti del Cas di Borgo Sabotino, il luogo in cui la Ericher 29 di Salvatore Buzzi mandava i rifugiati a fare gli schiavi nei campi dei caporali. Molto rumore, ma nessun intervento. Almeno fino a pochi giorni fa, quando i buoi sono scappati dalla stalla.