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L’agricoltura male in Ue: Italia sorpassata da Francia e Germania

di Angelo Vitale -

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In dieci anni, fino al 2022, l’industria alimentare ha mostrato un trend di buona crescita reale, mentre l’agricoltura ha vissuto annate sfavorevoli in successione, specie a causa del climate change. Ne risulta che, al tempo della “sovranità alimentare” promossa dal governo Meloni, l’Italia retrocede in terza posizione nella graduatoria Ue della produzione agricola, dopo Francia e Germania: prima era seconda dopo la Francia. Non solo: dal 2021 ha passato alla Francia il primato del valore aggiunto, mantenuto quasi ininterrottamente dal nostro Paese nel corso del decennio. Lo rivela il Rapporto Ismea sull’agroalimentare italiano, presentato alla presenza dello stesso ministro dell’Agricoltura della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida.

Il peso dell’Italia sulla produzione agricola dell’Ue è pari complessivamente al 14%, ma sale al 37% per il vino, dove è secondo solo a quello della Francia (43%), e al 33% per l’olio d’oliva, dove segueil 48% della Spagna.

Anche per la frutta, con il 18% della produzione dell’Ue, l’Italia fronteggia la  forte concorrenza della Spagna, che ne copre il 28%. Ma soprattutto l’Italia conferma la sua vocazione alle attività secondarie e ai servizi in agricoltura, che insieme rappresentano il 18% della produzione agricola nazionale e che ribadiscono la sua leadership in Europa – questa sì – sul fronte della diversificazione e multifunzionalità del settore agricolo.

Oltre agli effetti del clima, pesano sull’agricoltura italiana debolezze strutturali: la scarsa presenza di giovani imprenditori (solo il 9%, contro il 12% della media Ue) e il correlato basso livello di formazione di chi guida la maggioranza delle aziende agricole, la frammentazione del tessuto produttivo, nonostante l’aumento della superficie agricola nel decennio, che segnale la presenza di un lento processo di concentrazione e riorganizzazione.

Non va meglio per un punto dolente per l’agricoltura italiana, la scarsa disponibilità di terra che porta i valori fondiari ad essere in media quasi sei volte superiori quelli della Francia e due volte quelli della Spagna.

Dal lato dell’industria alimentare, l’Italia si posiziona al terzo posto nella graduatoria dei Paesi Ue, ma con un trend migliore rispetto ai principali partner. Il nostro Paese, che copre circa il 12% del valore aggiunto totale, dopo la Germania e la Francia, ma sopra alla Spagna, è leader incontrastato nell’industria della pasta, (oltre il 73% del fatturato Ue) e con un ruolo di rilievo nel vino (28%), prodotti da forno e biscotti (21%), nonché negli ortofrutticoli trasformati, nell’industria del caffè, del tè e delle tisane e nell’industria molitoria e del riso, con un peso analogo, pari al 17% del fatturato europeo.

Analizzando l’insieme dei settori della produzione e della trasformazione industriale, nel 2022 il valore aggiunto della filiera agroalimentare è arrivato a 64 miliardi di euro: 37,4 miliardi generati dal settore agricolo e 26,7 miliardi dall’industria alimentare. In questa configurazione “ristretta”, l’agricoltura rappresenta il 3,7% del valore aggiunto dell’intera economia italiana. Inglobando le fasi a valle della produzione alimentare, ossia distribuzione e ristorazione, si arriva al 7,7%, ma se si considerano anche i servizi e le attività necessari per far arrivare i prodotti dal campo alla tavola (trasporti, logistica, intermediazione), la stima del peso dell’agroalimentare sul Pil supera il 15,2%.


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