Esteri

L’allarme Onu, il fastidio di Blinken, lo sgarbo Usa all’Iraq

di Ernesto Ferrante -


Nuovo allarme dell’Onu. Gli attacchi a Rafah peggiorerebbero l’incubo umanitario nella zona dove più della metà della popolazione di Gaza ha cercato rifugio. Lo ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, esprimendo estrema preoccupazione per il potenziale attacco militare di Israele. Jens Laerke, portavoce dell’Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, è stato ancora più diretto: “Secondo il diritto internazionale umanitario, il bombardamento indiscriminato di aree densamente popolate può costituire un crimine di guerra”.

Israele non ha “la licenza per disumanizzare gli altri”. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha usato parole forti a Tel Aviv, precisando che “gli israeliani sono stati disumanizzati nel modo più orribile il 7 ottobre. Da allora gli ostaggi sono stati disumanizzati ogni giorno. Ma questa non può essere una licenza per disumanizzare gli altri”.

Dalla Casa Bianca filtra insoddisfazione nei confronti di Tel Aviv per le vittime civili nella Striscia e per la situazione umanitaria durante la guerra. “La stragrande maggioranza delle persone a Gaza non ha nulla a che fare con gli attacchi del 7 ottobre”, ha aggiunto Blinken. E ancora: “Le famiglie di Gaza la cui sopravvivenza dipende dalla fornitura di aiuti da parte di Israele sono proprio come le nostre famiglie. Sono madri e padri, figli e figlie, che vogliono guadagnarsi da vivere dignitosamente, mandare i figli a scuola, avere una vita normale. Ecco chi sono. Questo è quello che vogliono”.

Pugno duro israeliano nei confronti dell’Unrwa. “Lo Stato di Israele non concederà benefici fiscali agli aiutanti del terrorismo”. Lo ha scritto il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich su X, dichiarando la propria intenzione di firmare tre ordinanze in cui si stabilisce che verranno cancellati i benefici fiscali che l’Unrwa riceve grazie al suo status di agenzia dell’Onu.

Israele sarebbe disposto a permettere al leader di Hamas Yahya Sinwar, “mente” dell’attacco del 7 ottobre, di andare in esilio in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi e della fine della presenza dell’organizzazione nell’enclave palestinese. A riferirlo è la Nbc. “Non ci importerebbe se Sinwar se ne andasse, come fece Arafat quando lasciò il Libano. Permetteremo che ciò accada purché tutti gli ostaggi vengano rilasciati”, ha rivelato alla Nbc un consigliere del primo ministro Benjamin Netanyahu. Nafez Abdel Jawad, giornalista palestinese, è stato ucciso insieme al figlio in un raid dell’Idf nel quartiere di al-Salam a Deir el-Balah.

Sono oltre 122 i giornalisti e operatori dei media uccisi dallo scoppio della guerra in ottobre.
Hamas è ancora disponibile a discutere un cessate il fuoco nonostante la sua ultima proposta sia stata respinta da Israele. Lo ha fatto sapere ad AFP una fonte vicina al movimento di resistenza palestinese.
Il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha lanciato un pesante avvertimento ad Israele durante un incontro con la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, alcuni funzionari e rappresentanti di alcuni Paesi islamici: “Il sangue dei martiri nella Striscia di Gaza” creerà una situazione che metterà fine ad Israele e “all’attuale ingiusto ordine mondiale”.

Sono state segnalate diverse esplosioni vicino a una base militare americana in Siria, nel giacimento petrolifero di Al-Omar, nella regione controllata dai curdi della Siria nord-orientale, vicino alla città di Deir ez-Zor. L’incursione è arrivata solo poche ore dopo l’assassinio di un comandante di Kataib Hezbollah a Baghdad. L’Iraq è stato informato dell’operazione dell’esercito americano solo dopo, “per motivi di sicurezza operativa”.

“Una nuova aggressione” da parte degli Stati Uniti. In una dichiarazione del Comando congiunto iracheno, diffusa via X dal portavoce Tahseen Al Khafaji, la prova di forza statunitense viene bollata come una decisione che “indebolisce tutte le intese” tra Washington e Baghdad. Per l’Iraq si tratta di una “violazione della sovranità irachena”.


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