L’alta moda in passerella, ma le maison fanno i soldi con gli articoli prodotti in serie
Le passerelle sono il palcoscenico dell’arte. Sfilano abiti scultura, creazioni visionarie, tagli impossibili e tessuti che sembrano venire da un altro mondo. Sono opere pensate per stupire, raccontare una visione, lasciare un segno. Ma, nella realtà dei numeri, quegli abiti — costosissimi, irripetibili, spesso introvabili — restano destinati a pochi eletti. Il vero business delle maison si gioca altrove: negli accessori, nei profumi, nelle borse e nelle piccole pelletterie. Sono questi gli oggetti desiderabili, accessibili (almeno relativamente), capaci di portare milioni di persone dentro l’universo di un brand senza bisogno di un abito da 20.000 euro. È una formula raffinata ma ben collaudata: lo stilista crea sogni in passerella, la maison li traduce in realtà commerciali. Quella cintura con la doppia iniziale, quella borsa con la catena dorata, quel flacone di profumo firmato: non sono semplici oggetti, ma simboli di appartenenza. E soprattutto, sono prodotti in serie, studiati per essere desiderati, venduti e collezionati in massa. Questo equilibrio tra arte e mercato è diventato il motore dell’industria del lusso. Gli abiti d’alta moda servono a costruire l’aura, a dare legittimità creativa, a generare stampa e prestigio. Ma sono gli articoli più economici — i cosiddetti entry level luxury — a garantire la redditività delle griffe e il loro dominio planetario. Così la moda gioca su due piani: da un lato l’élite che può permettersi la creazione unica, dall’altro il grande pubblico che vuole, anche solo con un accessorio, sentirsi parte di quella magia. Ed è lì, in quella connessione tra sogno e consumo, che le maison fanno i veri affari.
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