Attualità

Lampedusa nel cuore del “Pontefice delle periferie”

di Francesca Gallo -


Se c’è un luogo che può ergersi a simbolo dell’accoglienza dei profughi, questo è il molo del porto di Lampedusa. Subito dopo la scomparsa di Papa Francesco, che ha fatto del dovere di accogliere i “fratelli tutti” la cifra principale del suo Magistero ecclesiale, da Lampedusa il Sindaco Filippo Mannino ha lanciato la proposta di intitolazione di molo Favarolo a Bergoglio, il Papa della gente, degli ultimi. A quel Papa “venuto da lontano” che per la sua prima visita in Italia aveva scelto proprio quel lembo di terra al centro del Mediterraneo, terra d’approdo e speranza. “Saranno avviate, previo parere della Capitaneria di Porto, le procedure di intitolazione di molo Favarolo a Papa Francesco – ha dichiarato il primo cittadino – nel ricordo della sua visita a Lampedusa dell’8 luglio 2013. Le immagini di quel momento restano scolpite nella memoria collettiva: gli sguardi sorpresi e commossi delle persone migranti, la corona di fiori gettata sulle acque del Mediterraneo, la preghiera per i tanti morti in mare”. Bergoglio, cinque mesi dopo la sua elezione annunciò la meta del suo primo viaggio apostolico a Lampedusa. Sceglieva quel luogo perché profondamente toccato e commosso dalla straziante tragedia dei migranti morti in mare. Uomini, donne, bambini, ammassati su barche che da via di speranza si rivelano via di morte, inabissandosi in quel cimitero senza croci. “Papa Francesco ha un’importanza speciale per quest’Isola” ha dichiarato Filippo Mannino. “Nessuno qui ha mai dimenticato il suo incontro con i pescatori, il viaggio che ha voluto fare con la motovedetta per raggiungere il punto esatto, teatro della strage dei migranti. Pronunciò una delle omelie più belle, ma anche più dure. Risuona ancora quel discorso dirompente in cui parlò di ’anestesia del cuore’, atto di accusa contro l’indifferenza e verso coloro che con le loro decisioni hanno creato situazioni che conducono a drammi che ancora oggi continuano a ripetersi”. Un viaggio emblematico, per lanciare il suo grido universale contro l’indifferenza ai migranti. Tema che conosceva bene, avendolo sperimentato personalmente attraverso i suoi nonni, emigrati piemontesi in Argentina, e che l’avrebbe portato poi negli anni, a denunciare l’indifferenza verso il prossimo e a condannare la cultura dello scarto. Da quel lembo di terra Papa Francesco lanciò potenti messaggi al mondo, che richiamavano alla fratellanza e all’accoglienza. La scelta mia è questa: cercare di non cadere nella “globalizzazione dell’indifferenza”. Messaggero di pace ed umiltà, Francesco ha consegnato alla contemporaneità una potente eredità, quella di andare tra la gente, tra coloro che non si attendono di essere considerati, cercati. Di andare nelle periferie geografiche ed esistenziali. “La mia gente è povera e io sono uno di loro” affermava. Bergoglio scelse di andare in posti dove nessun altro pontefice prima di lui era stato, dall’Africa al Sud America, dall’Europa alla lontana Asia. Tra i viaggi anche Kiev, Mosca, Libano, Cina. Per Lampedusa che non aveva mai accolto prima la visita di un pontefice a tre mesi da quella che sarebbe stata la più grande strage del Mediterraneo con 368 morti in mare l’8 ottobre 2013, fu un evento di straordinaria importanza. “Qui Papa Francesco ha lasciato un segno indelebile” ha detto il Sindaco. “La sua visita non fu solo un omaggio per Lampedusa, ma un dono prezioso custodito con grande affetto. Le immagini di Francesco che percorre il molo Favarolo e protende le braccia verso il mare, lanciando una corona di fiori, richiamano alla memoria il suo potente messaggio di fratellanza, di pace, di accoglienza di amicizia, che rimarrà scolpito nella storia dell’umanità”.


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