L’Antitrust accende i fari sul Dolomiti Superski, nel mirino gli aumenti
Tra le nevi del potere. Così sotto il candore delle Dolomiti si agita una tempesta giudiziaria. L’Antitrust ha acceso un faro potente su quello che viene considerato il più grande consorzio sciistico del mondo: Dolomiti Superski, una macchina con 1.200 chilometri di piste imbiancate, 450 impianti di risalita e dodici comprensori distribuiti fra Veneto, Trentino e Alto Adige. Il sospetto? Che dietro la perfezione organizzativa e la suggestione del brand si celi una struttura troppo compatta, troppo unita, al punto da soffocare il mercato. L’ipotesi è quella di un cartello, o meglio: un’intesa restrittiva della concorrenza.
La segnalazione è arrivata il 18 novembre da un operatore del turismo alpino che ha denunciato possibili pratiche escludenti. E così la montagna si è tinta di grigio: quello di una lunga istruttoria che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha avviato per verificare se le regole interne del consorzio abbiano violato l’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Secondo l’Antitrust, il cuore del problema risiede nella centralizzazione delle tariffe. Il sistema Dolomiti Superski prevede uno skipass unico, valido per tutti i dodici comprensori: da Cortina d’Ampezzo alla Val Gardena, dalla Val di Fiemme all’Alta Badia, dall’Alpe di Siusi fino a Plan de Corones.
Prezzi decisi a tavolino, con un algoritmo a governare la spartizione degli incassi tra le società aderenti, in base all’effettivo utilizzo degli impianti da parte degli sciatori. Tutto funziona. Troppo bene, forse. Perché è proprio l’efficienza del sistema – quella promessa di un servizio integrato e senza confini – a destare i sospetti dell’Autorità. Prezzi fissati in modo congiunto, autonomia tariffaria annullata, ricavi redistribuiti con calcoli interni non trasparenti. E poi ancora: barriere all’ingresso per eventuali nuovi player, vincoli contrattuali che impedirebbero ad attori esterni di proporre servizi alternativi. È una montagna blindata, quella che si profila.
Un ecosistema perfetto per il turista, meno per il mercato. “Siamo tranquilli, collaboreremo pienamente” dichiara Gabriele Varallo, presidente del consorzio. Uomo riservato, elegante, si dice certo che non ci sia stata alcuna volontà restrittiva: “Il nostro obiettivo è da sempre la valorizzazione del territorio alpino. Offriamo un’esperienza unica, accessibile con un solo abbonamento. È un vantaggio, non un freno alla concorrenza”.
Ma le cifre non aiutano. I prezzi dello skipass continuano a salire. Per la stagione 2024-2025, il giornaliero in alta stagione è arrivato a 83 euro: +4,8% rispetto all’anno precedente, +23,9% rispetto al 2021, quando costava 67 euro. Aumenti analoghi per gli abbonamenti stagionali: da 870 a 945 euro in tre anni, con un +8,6% che fa discutere. E tutto questo – sottolineano da Assoutenti – “nonostante l’inflazione oggi sia intorno all’1% e il caro-energia sia alle spalle”. Furio Truzzi, presidente dell’associazione dei consumatori, attacca: “Il rischio è che lo sci diventi uno sport elitario. È giusto pagare per un servizio di qualità, ma gli aumenti devono essere giustificati dai costi reali, non da una posizione dominante. La montagna non può trasformarsi in un monopolio stagionale”.
A destare allarme, è anche la struttura giuridica del consorzio. Due i livelli operativi: una federazione di imprese locali e la Dolomiti Superski srl, con sede a Selva di Val Gardena, che si occupa del marketing centralizzato, della promozione turistica, della definizione delle tariffe. Qui avviene la regia. Ed è proprio qui che l’Antitrust punta la lente. Secondo i documenti in mano all’Autorità, l’organizzazione impedirebbe alle singole società di differenziare le offerte.
Non esiste la possibilità, ad esempio, che un comprensorio decida autonomamente di proporre sconti, offerte famiglia, o pacchetti personalizzati. Tutto è deciso dal centro. E questo – per l’AGCM – rischia di costituire una distorsione concorrenziale. Certo, c’è anche un altro punto di vista. Quello degli albergatori, dei maestri di sci, dei lavoratori stagionali. A Selva, come a Canazei, la parola “consorzio” è sinonimo di stabilità. “Se oggi possiamo lavorare dodici mesi l’anno – dice Lara, guida escursionistica – è anche grazie a un sistema che ha reso le Dolomiti un brand internazionale. Ma se ora ci smontano tutto per un algoritmo, rischiamo di tornare indietro di vent’anni”.
Eppure, proprio quell’algoritmo – pensato per ripartire gli incassi in base al passaggio degli sciatori agli impianti – è finito sotto accusa. Per l’Antitrust, potrebbe consolidare un potere di mercato condiviso, ostacolando ogni dinamica concorrenziale. Se tu entri a Brunico, e poi scii a Ortisei, il tuo passaggio viene tracciato, il tuo euro diviso secondo logiche interne. Nessuno può uscire dal perimetro, nessuno può sfidare il modello. L’inchiesta è agli inizi, ma promette di lasciare il segno. Le società coinvolte avranno tempo per presentare memorie e difese. Il rischio, per Dolomiti Superski, è che l’efficienza si trasformi in fragilità. Che il successo del sistema venga letto come eccesso di potere. L’Antitrust dovrà stabilire se si è trattato di un modello virtuoso o di un monopolio mascherato. La montagna non è mai stata così sotto esame.
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