Esteri

L’arrestano

di Martina Melli -


Donald Trump, il primo ex presidente degli Stati Uniti ad affrontare accuse penali, è atteso oggi in tribunale per l’udienza del caso Stormy Daniels.
L’ex Presidente è stato accusato dal Gran Giurì di New York di aver pagato nel 2016 – in piena campagna presidenziale – 130 mila dollari in nero in cambio del silenzio della pornostar Stormy Daniels, che aveva minacciato di rendere noto il loro incontro sessuale del 2006.
L’uomo che ha trascorso quattro anni alla Casa Bianca, lascerà impronte digitali, una foto segnaletica e sarà portato davanti a un giudice. Quasi sicuramente verrà arrestato, (non si sa ancora se verrà ammanettato o no) e rilasciato su cauzione stasera stessa.
Tutto questo mentre, è bene ribadirlo, è in piena campagna elettorale per diventare di nuovo presidente nel 2024.
Rientrato a New York ieri sera dalla Florida, si è subito rifugiato nella sua iconica torre sulla quinta strada, mentre centinaia di agenti erano in servizio per isolare intere porzioni di Manhattan. Sono attesi per oggi, infatti, in vista della confermata incriminazione del tycoon, sia sostenitori che oppositori, tutti pronti a marciare e manifestare davanti al tribunale.
All’epoca dei fatti, nel 2016, la Daniels avrebbe provato a vendere il resoconto di quanto accaduto ai media. In quell’occasione l’avvocato di Trump, Michael Cohen, le avrebbe dato i famosi 130 mila dollari per tenere la bocca chiusa. Questo tipo di pagamento si chiama “hush money” (letteralmente “denaro shh”).
Ciò non sarebbe illegale di per sé: quello che ha messo nei guai il magnate è il modo in cui fu registrato il rimborso del fidato Cohen. L’accusa, infatti, è quella di aver falsificato i documenti aziendali per far risultare quell’uscita come una spesa legale. Questa manovra di falsificazione, accaduta poco prima che gli americani andassero a votare, potrebbe violare le leggi sui pagamenti che sostengono una campagna elettorale. Trump ha ovviamente negato qualsiasi illecito, affermando come tutto il provvedimento abbia una precisa agenda politica: nient’altro che una “caccia alle streghe”, una vera “persecuzione”. Anche se è più probabile che l’intero processo si risolva con una multa, esiste la possibilità che D.T. finisca in prigione. Se una qualsiasi delle accuse verrà reputata grave, dovrà affrontare fino a quattro anni di carcere.
Nonostante le incriminazioni, non c’è nulla nella costituzione degli Stati Uniti che gli impedisca di continuare la sua campagna elettorale. Addirittura, anche se fosse imprigionato, potrebbe teoricamente ancora candidarsi alla presidenza e vincere le elezioni.
Tuttavia, il processo e la lunga battaglia legale sarebbero un notevole diversivo dalla campagna – in termini di tempo ed energia – e dalla programmazione delle manifestazioni elettorali.
Trump, durante il suo mandato, aveva già affrontato due importanti inchieste da parte del Congresso, il noto “impeachment”. Entrambe le volte è stato assolto dal Senato degli Stati Uniti.

Oltre alla faccenda-Stormy, l’ex Presidente si trova a dover affrontare altre cause legali, come il ritrovamento di documenti classificati nella tenuta di Mar-a-Lago e il suo ruolo demagogico nell’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021.

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