L’Arte nel Cuore: sul palco, insieme persone con e senza disabilità
L’arte può essere uno strumento di inclusione: È la missione dell’Accademia L’Arte nel Cuore, aperta a persone con e senza disabilità, un progetto in cui vincono tutti. Lo spiegano la presidente, Daniela Alleruzzo, e la psicoterapeuta, Marinella Cozzolino.
L’arte è un linguaggio universale, che abbatte le barriere fisiche e mentali, spalancando le porte dell’espressione creativa. Per le persone con disabilità, l’impegno nell’ambito artistico può diventare un’opportunità straordinaria per superare le sfide che la disabilità presenta loro ogni giorno, andando oltre i propri limiti e comunicando con gli altri in modo significativo.
È l’obiettivo che da quasi vent’anni porta avanti L’Arte nel Cuore, il primo progetto europeo di formazione artistica inclusiva che lavora sull’integrazione per sviluppare il talento artistico in un ambiente integrato. L’impostazione è quella dell’Accademia di spettacolo, con lezioni di danza, recitazione, doppiaggio, musica e canto, per offrire una struttura pensata e progettata per l’inclusione con la I maiuscola.
«Anche i ragazzi con disabilità, se formati adeguatamente, possono lavorare – spiega Daniela Alleruzzo, presidente dell’Accademia –. Lo testimoniano molti dei nostri allievi: Emanuela Annini, attrice con la Sindrome di Down, ha partecipato a film, fiction e lavorato come doppiatrice; Tiziano Donnici e Alessandro Tiberi hanno lavorato entrambi come doppiatori del lungometraggio Champions. Perché dove c’è talento non esistono barriere. Nella nostra Accademia, gli alunni lavorano insieme, nella stessa classe, senza fare alcun tipo di distinzione. Proprio grazie a questa condivisione anche i ragazzi cosiddetti “meritevoli” hanno superato le loro difficoltà, vincendo la timidezza e aumentando la loro autostima, prendendo proprio come guida la forza e la volontà dei ragazzi con disabilità».
«Ogni persona, con o senza disabilità, ha una modalità naturale di espressione – sottolinea Marinella Cozzolino, psicoterapeuta e sessuologa clinica –. Abbiamo cinque sensi, ma ognuno tende a preferirne o svilupparne uno in particolare. Alcuni notano le sfumature visive, altri sviluppano un tatto molto raffinato ben sopra la media. Chi non vede, spesso sviluppa un udito e una percezione straordinaria. C’è chi ha un gusto sopraffino, come gli assaggiatori, o chi possiede un olfatto così sviluppato da riuscire a creare fragranze complesse. A seconda degli stimoli e delle esperienze che viviamo, possiamo sviluppare capacità differenti. Lo dice il nome stesso, “L’Arte nel Cuore”, e nel cuore siamo uguali tutti. Abbiamo tutte le potenzialità, ma ognuno le sviluppa in base al contesto, all’ambiente, alle esperienze. Chi nasce in montagna molto probabilmente impara a sciare, chi cresce al mare di solito sa nuotare».
«Non ho voluto creare un’isola felice: L’Arte nel Cuore non è dedicata solo a ragazzi con disabilità, ma è aperta anche ai ragazzi senza disabilità, perché soltanto quando si condivide un sogno, un progetto, si possono abbattere le barriere mentali e culturali – continua Alleruzzo –. L’arte, in ogni sua forma, è uno strumento di inclusione, una forma di terapia naturale. Il teatro, ad esempio, aiuta non solo le persone con disabilità ma anche quelle senza disabilità che magari hanno difficoltà a relazionarsi, ad aprirsi. Permette loro di sviluppare nuove abilità, di liberare l’immaginazione e la fiducia in sé stessi. L’arte diventa uno strumento di forza. Non vediamoli come un peso, ma come una risorsa per la società».
«Qualsiasi difficoltà fisica può diventare l’occasione per potenziare un’altra capacità. Ma questo vale per tutti: anche le persone senza disabilità hanno tante potenzialità che spesso non sviluppano, o non hanno modo di esprimere. È su queste differenze che dobbiamo riflettere. Quando ci relazioniamo con gli altri, spesso superiamo le loro difficoltà e vediamo tutto il resto. Questo ci allena ad adattarci, ad ascoltare, a costruire relazioni autentiche. È un arricchimento reciproco, un apprendimento continuo. Osservare come l’altro supera i suoi ostacoli ci insegna qualcosa: se io ho paura del buio e Giulia vive nel buio e ama la vita lo stesso, allora posso imparare da lei», conclude Cozzolino.
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