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L’avvocato Giordano: “Il caso Contrada è il simbolo di tutte le violazioni dello Stato”

di Redazione -

Contrada


di ANNA GERMONI
«Il caso Contrada è l’archetipo di tutte le violazioni che lo Stato italiano poteva commettere», denuncia l’avvocato Stefano Giordano, legale del super poliziotto, che ha presentato e vinto il ricorso alla Cedu di Strasburgo. «Questa è la terza condanna inflitta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo» spiega ancora, «L’Italia ci ha messo otto anni per mettere in esecuzione la sentenza Cedu con l’ostruzionismo di alcuni che alla fine hanno dovuto cedere». E proprio per “l’abuso di intercettazioni” ai danni dell’ex 007, la Cedu ha condannato l’Italia. Ne parliamo proprio con l’avvocato Stefano Giordano, per capire meglio questa storia kafkiana.
Avvocato, questa sentenza Cedu, il cui ricorrente è Bruno Contrada, ha condannato l’Italia per “vizio sistemico della legislazione italiana” in materia di intercettazioni. Può spiegare la vicenda?
«La vicenda si articola in questo modo: dopo la revoca della sentenza di condanna di Bruno Contrada, avvenuta nel 2017, da parte della Cassazione, che ha dichiarato “ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna”, I giudici supremi avevano quindi messo un punto definitivo sul suo iter processuale, perché il fatto, non era previsto come reato all’epoca degli eventi contestati, in accoglimento di un’altra sentenza di Strasburgo, Bruno Contrada fu sottoposto ad alcune perquisizioni e intercettazioni dai vari organi di polizia giuziaria, dalla procura generale di Palermo, all’epoca diretta dal dottor Roberto Scarpinato. Noi contestammo subito con un ricorso diretto alla Corte europea, la legittimità convenzionale di tali intercettazioni perché durante le perquisizioni c’erano degli spunti telefonici svolti nei confronti del dottor Bruno Contrada, il quale non era sottoposto a indagini: non era indagato, né imputato. Non era coinvolto nel procedimento. Sostanzialmente era un terzo. Proprio per questo motivo noi ritenevamo che o la legislazione fosse troppo ampia consentendo, in effetti così è, alla giurisprudenza di raggiungere un soggetto estraneo rispetto al procedimento principale o comunque in ogni caso, che mancassero degli strumenti da parte dei terzi per controllare anche ex post la legittimità delle interferenze nella vita privata».
La Cedu vi ha dato ragione..
«La Corte europea ha accolto le nostre considerazioni, condannando lo Stato italiano, per violazione dell’articolo 8, stabilendo anche un’equa riparazione nei confronti del dottor Bruno Contrada. Questa sentenza non è soltanto per Contrada. É stata un po’ il pretesto per attaccare la disciplina italiana in materia di intercettazioni. Infatti è importante perché ha degli effetti di sistema, anche su procedimenti in corso, perché bisogna capire se i soggetti captati sono stati soggetti terzi, estranei quindi ai procedimenti giudiziari e se questi soggetti terzi, possono in qualche modo eccepire l’inutilizzabilità delle intercettazioni effettuate in assenza di contraddittorio e senza la possibilità che queste possano essere impugnate. Chiaramente alla base della sentenza europea non vi è violazione di legge da parte dei singoli magistrati, ma la violazione della convenzione Cedu, perché la legge non è conforme. Questa in sostanza la portata della sentenza Contrada».
Può diventare “sentenza pilota”?
«Non penso, non ci sono gli elementi sufficienti, per ora».
Il ministro Carlo Nordio, appena appresa la notizia si è dichiarato entusiasta. Lei ha chiesto di incontrarlo…
«Il ministro Nordio, più volte ha espresso soddisfazione per questa sentenza. Ha denunciato la situazione delle intercettazioni in varie occasioni. Però la politica non ha ancora preso provvedimenti. Ora tocca al Governo intervenire in maniera coerente con il dettato costituzionale e con quello della convenzione Cedu, cosa che non mi sembra sia ancora avvenuto. Ho chiesto di incontrare il ministro, e sono in attesa di una risposta per parlare anche in termini attinenti a questa sentenza e di una riforma che sia compatibile con gli sviluppi della Cedu, che devono essere sicuramente accolti».
Sui social, si è lasciato andare a uno sfogo pesante, ovvero la stampa nazionale e internazionale hanno dato risalto a questa vicenda importante, tranne i giornali siciliani, in particolare quelli di Palermo. Ha una sua opinione a tal riguardo del motivo?
«Mi sembra veramente strano e devo dire per certi aspetti inquietante che la stampa locale, quella siciliana, non ha dato la notizia di questa sentenza che riguarda tutti i cittadini, che ha avuto eco sulla stampa nazionale e internazionale. Una notizia che non è solo importante sul piano nazionale ma afferisce a fatti che si sono verificati ad opera di alti magistrati palermitani. Quindi l’operato della magistratura palermitana è stata sindacata e in qualche modo messa alla barra dalla Corte europea. Non solo non viene data la giusta attenzione, anzi viene completamente ignorata dai giornali del luogo. Mi sembra che nella Repubblica delle Procure anche questo evidentemente è un corretto comportamento giornalistico».


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