Attualità

Le api sono in pericolo, WWF: il 40% rischia l’estinzione

di Priscilla Rucco -


Le api, nell’impollinazione svolgono un ruolo fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi e della stessa agricoltura, con un giro economico che ruota attorno al lavoro di questi animali, attorto ai 150 miliardi all’anno (a livello mondiale), di cui solo in Italia, si aggira attorno ai 3miliardi di euro. Secondo le ricerche effettuate dal WWF, il 44% degli invertebrati impollinatori, rischierebbe l’estinzione e alcune specie in particolare, già sarebbe spacciato. Se le api dovessero sparire dal mondo intero, ci sarebbero danni per tutto l’ecosistema, ma anche sulle produzioni agricole che sarebbero investite da una minore produzione (e disponibilità di determinati alimenti) e da un maggiore aumento dei costi. Tra i maggiori fattori che stanno influenzando la vita e l’esistenza delle api, sicuramente il cambiamento climatico che produce rispetto al periodo consono delle api per l’impollinazione, cicli di fioritura anticipando i tempi. Inoltre l’utilizzo dei pesticidi e dell’inquinamento ambientale, che agiscono sul sistema nervoso delle api, impedirebbe alle stesse il ritorno all’alveare, causandone il disorientamento e la successiva morte. Si stima che solo in Italia, dal 2020 ad oggi, siano stati perso oltre 200mila alveari (in un anno le api di un solo alveare possono coprire una aera di 30 chilometri quadrati), a causa anche dell’agricoltura intensiva o di specie/parassiti che minacciano le colonie di api. Non tutti sanno che numerose culture ad esempio di frutta e verdura (ma anche di noci), hanno uno stretto legame, se non una vera e propria interconnessione dall’impollinazione stessa. Non solo api, ma anche apicoltori e solo nell’Unione Europea, se ne contano oltre 600 mila, con una gestione approssimativa di oltre 15 milioni di alveari per una produzione annua di miele pari alle 250mila tonnellate. L’Ispra, da anni porta avanti uno studio che rileva lo stato di salute delle api, ha evidenziato e denunciato l’uso improprio di inquinanti diffusi nell’ambiente e sui fiori, Rispetto al 2024, in Italia c’è stato un calo pari all’1% per la produzione del miele (a fornire i dati l’Osservatorio Nazionale miele insieme all’Osservatorio Coldiretti) che evidenzia forti differenze in base al territorio, con aumenti importanti in Emilia Romagna (+74%) e crolli in Molise con – 62%. In Repubblica Ceca, il numero degli apicoltori in due anni è diminuito sensibilmente con un forte calo (quanto allarmante) delle colonie. Secondo il Ministero dell’Agricoltura ceco, le diminuzioni drastiche sarebbero dovute a malattie batteriche e al cambio del clima, con inverni molto freddi nei quali, oltre un quarto degli alveari, non avrebbe superato la stagione fredda. A livello economico, una colonia di api + in grado di generare economie per oltre €1000 all’anno solo per i prodotti impollinati dalle api quali frutta e verdura), mentre i costi aumentano del doppio, se si prende in considerazione anche ciò che proviene dall’alveare; ovvero il miele. Negli anni passati, specialmente nel 2018, l’Unione Europe aveva vietato l’utilizzo di ben tre pesticidi neonicotinoidi tristemente noti per la tossicità prodotta alle api, ma ad oggi, a causa di imperdonabili deroghe, in molti Paesi, l’utilizzo è ancora permesso. La protezione per qualunque habitat, come anche l’utilizzo alternativo dei pesticidi, potrebbe essere un primo passo importante verso il contrasto all’uccisione delle api. Inoltre, il supporto alla ricerca e all’informazione (e alla divulgazione), potrebbe fare da specchio per le generazioni future, per salvaguardare l’intero habitat.


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