Politica

Le due anime della Lega, tra Sud e governissimo

Salvini contempla il fallimento della strategia di ampliamento nel Mezzogiorno e intanto Fedriga non si presenta a Roma

di Giovanni Vasso -


Non è passata inosservata l’assenza del governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga alla convention che la Lega ha tenuto a Roma nei giorni scorsi. Un appuntamento importante, in cui il Carroccio avrebbe risposto all’iniziativa che Fratelli d’Italia ha tenuto a Milano nelle scorse settimane e che è stata vissuta come un vero e proprio “attacco” tanto in casa Lega quanto dalle parti di Forza Italia. Eppure, Fedriga era assente. E per gli osservatori più smaliziati, l’assenza del governatore friulano rappresenterebbe la prova provata dello sciame sismico sotterraneo che ormai da mesi agita le acque a via Bellerio.
Fedriga, infatti, è il nome gettonatissimo per il dopo Salvini. C’è un problema, però, affinché la successione avvenga. E cioé l’ostacolo maggiore riguarda proprio l’ex ministro degli Interni che, nonostante le flessioni nei sondaggi e la perduta leadership nel centrodestra a vantaggio di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, non ha alcuna intenzione di mollare. Le posizioni interne nella Lega sono note. Da un lato l’idea “lepenista” e nazionale cara a Matteo Salvini e che ha consentito alla Lega di uscire non solo dalla pesantissima crisi d’identità e consensi scaturita dall’addio di Bossi alla sua creatura ma anche dagli stretti confini “padani”. Eppure la strategia “nordi-fuga” di Salvini sembra infrangersi tanto contro la realtà rappresentata dagli elettori e dalle imprese del Nord che, da sempre, costituiscono l’interlocutore privilegiato della Lega. Soprattutto gli imprenditori avrebbero piacere a che la Lega rafforzasse il suo impegno nel governo Draghi e continuano a vedere nel gruppo che fa capo al ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti (e quindi Fedriga) il leader su cui investire.
Se al Nord le cose non vanno benissimo, peggio sembrano andare al Sud. Dove la Lega ha perduto il senatore avellinese Ugo Grassi che, in una lettera aperta, ha salutato tutti e ha abbandonato – non senza polemiche – il partito che lo aveva portato in Parlamento. Per Grassi, che si è dichiarato indipendente ma con la Dc nel cuore e che ha criticato il doppio standard leghista ( “In ordine ai vaccini, l’indirizzo politico è rimasto di fatto paralizzato tra la rivendicata libertà vaccinale da un lato e il voto, comunque dato, ai decreti sul Green pass (un vero e proprio orrore giuridico”), il progetto leghista al Sud è fallito. “Nulla è stato fatto per offrire al ceto medio e moderato un progetto coerente con gli obiettivi dichiarati, una prospettiva di sviluppo, un quadro di crescita per altro agganciato all’impegno della Lega nel governo nazionale e alle opportunità di rilancio rappresentate dal Pnrr. Questo anche in relazione all’ormai interrotto disegno di ampliare la base di consenso e costruzione politica della Lega nel Mezzogiorno, un piano a cui Matteo Salvini ha conferito energia e ispirazione ma che è poi fallito per carenza di visione strategica, per scarsa lungimiranza operativa e per la inadeguatezza di alcuni che livello locale non hanno saputo dimostrare capacità di aggregazione”. Accuse pesanti, da parte di chi – oltre al ruolo parlamentare – ha rivestito anche compiti di organizzazione del partito sul territorio. E che svelano come al Sud, forse, la Lega non ha fatto breccia fino in fondo. Dando così nuove frecce all’arco di coloro i quali vorrebbero riportare il partito a Nord del Rubicone.


Torna alle notizie in home