Politica

Le mosse dell’Europa: così può tornare a guidare la crescita

di Redazione -

Serbian President Aleksandar Vucic, right, and European Commission President Ursula von der Leyen arrive at a press conference after talks at the Serbia Palace in Belgrade, Serbia, Tuesday, Oct. 31, 2023. Ursula von der Leyen warned two former war foes, Kosovo and Serbia, that normalizing their ties was the only way to become bloc members one day. Fears are high of a resumption of the violence that has marked their relations since Kosovo unilaterally broke away from Serbia in 2008. Belgrade still considers Kosovo a Serbian province and has never recognized its independence. (AP Photo/Darko Vojinovic)


di EDOARDO GREBLO e LUCA TADDIOA seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Ue sta nuovamente contemplando la possibilità di un allargamento, che in futuro potrebbe arrivare a includere più di 30 Stati membri. In un contesto geopolitico segnato dalla deglobalizzazione e dalla crisi del multilateralismo, sembrerebbe una scelta obbligata. Se si prendono in considerazione le prospettive geopolitiche che vedono il nostro continente perdere influenza politica e peso economico, appare evidente che nessun Paese europeo può avere da solo la capacità di promuovere il proprio modello sociale e culturale. Così come neppure un’Europa disunita può avere la forza di contribuire all’organizzazione di una società mondiale sempre più conflittuale. La domanda da porsi non riguarda dunque il “se”, ma il “come”, anche perché l’adesione dei nuovi Paesi può aggravare i problemi di funzionamento di un organismo sovranazionale che spinge i rappresentanti a difendere anzitutto gli interessi delle loro rispettive nazioni. Ancorché pretestuose, le critiche dei partiti euroscettici mettono in luce il fatto che i grandi sistemi territoriali gestiti da un unico centro si scontrano con non pochi problemi. Il centro decisionale, il cui simbolo è Bruxelles, opera spesso a distanza dai problemi locali e adotta politiche indifferenziate che non sempre rispondono alle esigenze di un ambiente europeo complesso e diversificato. È probabile che l’allargamento possa acuire la difficoltà dei sistemi centralizzati di assicurare i principi fondamentali di una governance efficiente.
Affinché l’allargamento possa avere successo, è perciò necessario che i progetti orientati in questo senso rispondano a obiettivi precisi e chiaramente definiti. Quali? In considerazione del ritorno in grande stile della guerra fra Stati, il primo obiettivo dell’allargamento è garantire la sicurezza del continente europeo. Per evitare interferenze straniere volte ad alimentare le controversie, è necessario offrire ai Paesi candidati migliori prospettive economiche e di sicurezza. Ciò, tuttavia, non è di per sé sufficiente, e l’Europa dovrebbe sviluppare le proprie capacità difensive combinando deterrenza e ricerca della giustizia.
La guerra scatenata dalla Russia contro l’ Ucraina ha posto l’Ue di fronte a una sfida imprevista e rispetto alla quale si è rivelata impreparata, poiché il fatto di essere principalmente un attore economico, piuttosto che della sicurezza, le ha impedito di esercitare un’influenza significativa al riguardo. È perciò necessario che i primi passi compiuti nella direzione di una maggiore cooperazione nell’industria della difesa e in materia informatica, digitale e spaziale, nonché in termini di strategia e interoperabilità, possano dare luogo a una vera e propria bussola strategica.
Non esiste però nessun potere geopolitico, nessuna capacità di esercitare influenza, senza potere economico e digitale. La futura diplomazia europea, in considerazione del crescente disimpegno americano dal nostro continente, dovrà basarsi solo sui propri mezzi. Ecco perché l’allargamento deve contribuire alla costruzione del potere economico e digitale dell’Unione europea. A questo proposito, ogni singolo passaggio nel campo della politica industriale, della sicurezza economica e dell’accelerazione della transizione energetica rappresenta una tappa non trascurabile rispetto alla necessità di far compiere all’Ue un salto di qualità nella sua soggettività politica. In questo senso la strategia Global Gateway, che punta a realizzare connessioni sostenibili e affidabili per le persone e il pianeta in modo da affrontare le sfide globali più urgenti, come la lotta ai cambiamenti climatici, il miglioramento dei sistemi sanitari e il rafforzamento della competitività e della sicurezza delle catene di approvvigionamento globali, rappresenta una prima leva d’azione, non ancora sufficiente.
Inoltre, affinché tutti possano sentirsi pienamente cittadini europei, è necessario lavorare sulla coesione economica e sociale, perché la sicurezza a lungo termine di una Ue allargata non potrà non dipendere dal sostegno dei suoi cittadini. In questo settore l’allargamento potrebbe indebolire la coesione dell’Unione europea, dal momento che, se le richieste di solidarietà paneuropea dei nuovi arrivati dovessero essere disattese, allora le critiche a una Ue burocratica e disfunzionale tornerebbero di attualità. E resta, infine, la questione dei veti nazionali, che portano alla paralisi decisionale o impediscono soluzioni politiche ambiziose. Forse solo una Ue caratterizzata in senso federale e capace di incorporare autorità con competenze sovrapposte e dotata di sovranità frazionata, sistemi istituzionali differenziati e identità multiple potrebbe fronteggiare le sfide che l’attendono.


Torna alle notizie in home