Esteri

Le ragioni del successo delle destre in Europa

di Ernesto Ferrante -


di ERNESTO FERRANTE

“Strade d’Europa, stanchi, sporchi ma felici” recita una delle canzoni-simbolo della destra radicale italiana. A un anno dalle elezioni europee del 2024, è concreta la possibilità che possa diventare anche una sorta di “inno” del blocco politico che da Helsinki ad Atene, da Stoccolma a Parigi, passando per Berlino, sta mandando in frantumi la “formula Ursula” che regge attualmente le sorti dell’Unione.
I nuovi partiti di destra ed estrema destra che vincono le elezioni in patria e aspirano a fare la voce grossa a Strasburgo e Bruxelles, sono qualcosa di estremamente diverso dalle formazioni “neofasciste” di 30 anni fa. Sono piuttosto il frutto della società contemporanea e dei suoi problemi. Esprimono insofferenza verso il pluralismo culturale, la fluidità sessuale, la diffusione di una morale libertaria e la presenza degli stranieri senza più spaventare, pienamente calati come sono nelle dinamiche sistemiche del perimetro parlamentare democratico. Raccolgono consensi trasversali, anche tra le classi lavoratrici, perché danno risposte semplici ed efficaci a chi chiede “certezze” dopo lo spaesamento pandemico e post-pandemico.
In Finlandia, dopo quasi quattro anni di governo di centrosinistra guidato dalla premier “social” Sanna Marin, gli elettori hanno virato su due forze conservatrici, il Partito di coalizione nazionale (KOK, Kansallinen Kokoomus) e gli euroscettici del Partito dei finlandesi (SP, Perussuomalaiset), capaci di totalizzare oltre il 40% delle preferenze con le loro ricette securitarie e anti-immigrazione.
Kyriakos Mitsotakis, capo di Nea Demokratia, domenica scorsa ha ottenuto una vittoria schiacciante alle elezioni in Grecia. A Nd sono andati 146 seggi, più del doppio del primo partito di opposizione, quel Syriza che con i suoi 71 deve dire addio ai sogni di gloria di un passato fatto di fulmini e saette solo a chiacchiere. La destra ellenica sta facendo la voce grossa anche grazie alla legge elettorale. Se non si dovesse trovare la quadra, si tornerà alle urne il 25 giugno, con la prospettiva per Nuova Democrazia, primatista in 49 circoscrizioni elettorali su 50, di aggiudicarsi 180 scranni dei 300 disponibili, e quindi di poter governare da sola per cambiare la Carta costituzionale, come ha dichiarato il suo vicepresidente Adonis Georgiadis, ex ministro proveniente dalla formazione estremista di Laos (Popolo).
Dopo aver visto un quarto del suo PIL divorato dall’austerità e dalla recessione, quella di Atene è una delle economie più in salute della zona euro. Il nuovo boom turistico e gli investimenti anche stranieri hanno fatto alzare centinaia di nuove serrande di ristoranti, bar e hotel. Il desiderio di stabilità sta giocando a favore di Mitsotakis.
A tutta destra anche in Svezia, dove i Democratici svedesi (SD) di Jimmie Akesson, in virtù del loro 20,5% raggiunto nella tornata del settembre scorso e del decisivo appoggio esterno, hanno aumentato sensibilmente la pressione sull’esecutivo guidato dal premier di destra moderata Ulf Kristersson per ottenere misure più energiche in materia di immigrazione ed energia rinnovabile, rischiando di aprire una crisi politica nel Paese.
Il leader dell’SD, Mattias Karlsson, è stato chiaro. Se si sosterrà l’attuale versione del Patto di migrazione, votata dal Parlamento europeo, “sarà difficile trovare una base per mantenere cooperazione”. La linea dei Democratici prevede la “politica migratoria più restrittiva dell’UE, o la seconda più restrittiva”, con l’introduzione dei centri di transito per i richiedenti asilo e rimpatri più veloci. “No” secco al sistema comune per la loro distribuzione.
Quella del clima è un’altra nota dolente. Akesson ha ribadito che i suoi non accetteranno un’espansione dell’energia eolica, che il governo ha favorito, sostenendo che le turbine “non sono necessarie” e “se costruiamo ancora più impianti eolici, dovremo bruciare ancora più petrolio in caso di assenza di vento, il che è una pessima politica sulle emissioni”.
Sondaggi terrificanti per il centrosinistra anche in Germania. I Verdi scendono al valore più basso da quattordici mesi: per loro appena il 14,5%, mentre l’estrema destra dell’Alternative für Deutschland (Afd), viene data al 16%.
Recentemente, la sua componente giovanile, denominata “Junge Alternative”, è stata dichiarata incompatibile con la Costituzione antifascista dal controspionaggio tedesco. “Si tratta di estremisti di destra al cento per cento”, ha sottolineato Thomas Haldenwang, presidente dell’Ufficio per la Protezione della Costituzione che nella Repubblica federale svolge funzioni di intelligence anche nella “galassia nera”.
L’inflazione, l’aumento del costo della vita e le ricadute del conflitto in Ucraina hanno fatto calare la popolarità di Scholz e di chi lo appoggia.
Le proteste anti-Macron per la sua contestata riforma pensionistica hanno dato nuovo vigore alle destre in Francia, come ha dimostrato il corteo parigino del “Gruppo Unione Difesa”. Il Rassemblement National di Marine Le Pen gode di ottima salute e svetta per consensi e simpatie, sfondando nei quartieri operai e popolari. Secondo uno studio Ifop-Fiducial per Le Figaro Magazine e Sud-Radio, la candidata sconfitta da Emmanuel Macron nella corsa all’Eliseo del 2017 e del 2022 raccoglierebbe il 31% al primo turno se si votasse oggi.


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