Economia

“Le sanzioni? Necessarie ma inefficaci”

L’ex segretario generale Opec: finita la guerra si tornerà ad importare gas dalla Russia

di Alessio Gallicola -


“Le sanzioni? Strumenti necessari ma sostanzialmente inefficaci per vincere le guerre”. E’ netto il giudizio del professor Shiahb Eldin, che dall’alto della pluriennale esperienza come segretario generale dell’Opec, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, non ha dubbi su quale posizione assumere nella querelle internazionale sui provvedimenti presi a carico della Russia dopo l’invasione in Ucraina. Il suo ragionamento, svolto durante il panel dedicato all’energia nell’ambito del Forum Ambrosetti “Verso il Sud”, è chiaro: “La rapida escalation delle cosiddette “operazioni militari speciali” in una guerra totale in Ucraina – dice il professore kuwaitiano, docente all’Università di Vienna – ha portato al protrarsi, come in precedenti guerre simili, dell’uso di ogni mezzo, comprese le sanzioni economiche e finanziarie, per risolvere il conflitto. Tuttavia, gli embarghi petroliferi sono strumenti inefficaci da soli per vincere le guerre”.

Il motivo è rintracciabile nella storia, che racconta del fallito embargo arabo del 1973 contro gli Stati Uniti, i quali poi a loro volta hanno tentato più volte la misura delle sanzioni energetiche non ottenendo mai risultati degni di nota. “Le sanzioni non sono mai un gioco a somma zero – ricorda Eldin – e in più bisogna considerare che prima del conflitto l’Europa e la Russia erano in uno stato di forte interdipendenza energetica che la guerra ha spezzato”.

E’ chiaro, dunque, che la grande domanda che sta turbando i sonni dei decisori occidentali, se sia ipotizzabile o meno una rinuncia totale a gas e petrolio russi, non trova risposte incoraggianti. Non è, secondo l’ex segretario generale dell’Opec, un problema di sostituire il petrolio della Russia con fonti alternative diversificate, ma piuttosto di tenere in considerazione il grado di dipendenza dagli idrocarburi di Mosca. “D’altronde – ragiona Eldin – lo si capisce dalla riluttanza iniziale della Germania e dall’opposizione di altri Paesi europei alla proposta Ue di porre fine a tutte le importazioni entro il prossimo anno. E’ giusto che l’Europa adotti un piano per diversificare le sue importazioni da altre fonti, ma a un livello decisamente inferiore”.

Per quanto riguarda il gas, poi, il discorso è ancora più delicato. La rinuncia da parte dell’Ue comporta la costruzione di infrastrutture lunghe e costose, una combinazione che porta il professore kuwaitiano ad una previsione singolare, poco ascoltata finora: “Una volta fermata la guerra, si affievolirà la spinta per la sostituzione di tutte le importazioni di gas dalla Russia: il gas è considerato una risorsa importante per la transizione energetica europea”.

E a proposito di transizione, è ormai chiaro che la guerra renderà difficilmente raggiungibile l’obiettivo della riduzione delle emissioni entro il 2050 tramite la rinuncia ai combustibili fossili. Un problema di tempi e, soprattutto, di costi: “E’ un percorso estremamente impegnativo e molto costoso, sarebbero necessari investimenti stimati in cinque trilioni di dollari entro il 2030. Più realistico pensare ad un incremento delle fonti rinnovabili e ad investimenti sul nucleare”.


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