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Le trappole di Marche, Puglia e Veneto. Ecco perché il voto d’autunno agita i partiti e può influenzare la mappa del Paese

di Ivano Tolettini -


Sette regioni al voto con tre trappole potenziali e decisive. Le Marche per Giorgia Meloni, con il presidente uscente Francesco Acquaroli insidiato dall’europarlamentare Pd Maurizio Ricci. La Puglia per il Pd, dove Antonio Decaro può consolidare la presa del centrosinistra, ma con un risultato largo si accrediterebbe come nuova leadership nazionale. E il Veneto, terreno sicuro per il centrodestra, ma attraversato dal tormentone del candidato, con la sfida interna tra Lega e Fratelli d’Italia, e l’ombra lunga di Luca Zaia. Sono queste le tre partite che segneranno l’autunno politico, oltre i confini regionali. Il calendario elettorale, ancora in divenire, scandisce i tempi. Marche e Valle d’Aosta voteranno a fine settembre, la Calabria il 5 ottobre, mentre per Veneto, Puglia, Toscana e Campania la data sarà fissata a settembre. Sette regioni, dunque, in grado di ridisegnare la mappa politica del Paese e trasformare le urne in un test nazionale sulla stabilità del governo e sulla capacità dell’opposizione di consolidare le proprie roccaforti. Nelle Marche la sfida è una sorta di referendum sulla stessa Meloni. Francesco Acquaroli, uomo di stretta osservanza della premier, cerca la riconferma in un contesto che non appare blindato. L’europarlamentare Pd Matteo Ricci, nonostante l’inchiesta che lo riguarda, corre con l’appoggio del centrosinistra. Una vittoria del centrodestra rafforzerebbe il legame tra FdI e la sua base, mentre una sconfitta incrinerebbe la narrazione di partito in crescita continua. Quanto alla Puglia, qui il centrosinistra gioca la carta Antonio Decaro. L’ex sindaco di Bari è dato in vantaggio e ha già proiettato la sua immagine oltre i confini regionali. Per il Pd non si tratta solo di mantenere la regione dopo i dieci anni di Michele Emiliano, ma di testare una nuova leadership potenziale. Decaro, con un successo netto, diventerebbe il volto di un Pd radicato nei territori e capace di parlare al ceto medio e popolare, alternativa o complemento alla segretaria Schlein. Una vittoria larga in Puglia darebbe al partito un nuovo baricentro politico. Poi c’è quello che è diventato il tormentone estivo: il Veneto. È la sfida più intricata. La coalizione di centrodestra è nettamente favorita, ma il nodo del candidato resta aperto. Fratelli d’Italia, con l’appoggio di FI (le dichiarazioni di Antonio Tajani e Flavio Tosi), spinge per Luca De Carlo o Alberto Speranzon. La Lega, invece, insiste su Alberto Stefani, fedelissimo di Salvini. Sullo sfondo incombe Luca Zaia: non può ricandidarsi, ma il governatore più popolare d’Italia annuncia la lista personale, capace di spostare voti e condizionare equilibri. Un segnale che rende il Veneto meno scontato e più insidioso per la tenuta della coalizione. Le altre partite. In Toscana il centrosinistra parte in vantaggio, ma la destra punta a rosicchiare consensi. In Campania il dopo Vincenzo De Luca favorisce il Pd, nonostante i rapporti burrascosi con la segreteria Elly Schlein. In Calabria Roberto Occhiuto, governatore uscente di centrodestra, gode di consenso solido e trasversale. La Valle d’Aosta resta un laboratorio fragile, dove contano più le alleanze locali che i simboli nazionali, e il risultato sarà osservato a Roma come segnale. Sulla carta, lo schema dice centrosinistra quattro regioni, centrodestra tre. Ma i numeri contano meno del significato politico delle singole sfide.


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