Editoriale

L’EDITORIALE – Il fantasma di Savonarola: c’è un filo che lega la morte di Giovanna Pedretti…

di Tommaso Cerno -


Il fantasma di Savonarola. C’è un filo che lega la morte di Giovanna Pedretti, la pizzaiola suicida dopo la bufera social su un presunto post farlocco animata da Lucarelli & Co., la beatificazione di Gino Cecchettin, finita poi per spaccare il Paese perfino sull’omicidio di una giovane donna e l’ormai arcinoto caso della ex influencer più famosa d’Italia Chiara Ferragni.

Bisogna tornare al 1498, ai tempi di Papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, che rappresentava la realtà di un secolo di grandi cambiamenti, con tutte le contraddizioni e le indignazioni del caso e di quel frate, Savonarola, metafora di un mondo virtuale fatto di censura e buone intenzioni, che aveva preso il sopravvento mentre il mondo si allargava a ovest chiedendo a gran voce un nuovo umanesimo. Quel frate finito per morire dentro le fiamme del suo rogo, secondo una regola empiristica per cui il bene non esiste se non riguarda tutti. Io non so, né voglio sapere, quanto possa pesare uno scontro sul web nella scelta drammatica di togliersi la vita. Ma mi appare evidente come la distinzione tra virtuale e reale, su cui abbiamo costruito un nuovo capitalismo evanescente e un nuovo moralismo spiccio, non esista ormai più.

E’ la realtà che si riprende la scena. La morte di Giulia che non consente a nessuno, nemmeno a suo padre, di diventare un eroe, perché eroe non è. La furbizia e la scaltrezza imprenditoriale della giovane Chiara di prendere in giro bambini malati e consumatori affamati, perché Ferragni è parte di un sistema economico e d’immagine pieno di difetti, di ingiustizie, di bugie. Che sul web puoi oscurare ma nel mondo reale prima o poi emergono. E adesso la tragica morte di Giovanna, che ci fa capire che ormai lo smartphone è una protesi della realtà, senza regole, capace di disastri identici alle sparatorie nelle periferie di Roma, alle esplosioni nei centri città, perfino alle guerre che crediamo così lontane da noi.

Il governo vuole regolamentare gli influencer, aumentano le denunce per diffamazione sui social, nasce un sindacato virtuale per difendere i consumatori. Basta molto meno. Basta rendersi conto che il mondo reale è entrato definitivamente in quello spazio che noi sbagliando abbiamo considerato etereo, e che i comportamenti che ormai viviamo sui social e sul web generano gli stessi effetti della violenza e della disperazione che abbiamo raccontato per decenni nelle cronache di quello che consideravamo l’unico mondo reale. Ora spetta a noi smetterla di chiamarlo con quell’aggettivo desueto e lontano dalla verità che è la parola “virtuale”.


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