Cultura & Spettacolo

L’Effetto Matilda danneggia la scienza e le donne

di Redazione -


Nel 1993 la storica della scienza Margaret Rossiter coniò il termine “Effetto Matilda”, in onore dell’attivista Matilda Joslyn Gage, per descrivere il gender gap nel mondo delle scienze.

 

Che cos’è l’Effetto Matilda

L’Effetto Matilda è la delegittimazione o la negazione del lavoro delle donne nella storia del progresso scientifico che, secondo la narrazione dominante, è merito quasi esclusivamente di scienziati uomini – ricordiamo, di solito, solo Marie Curie e poche altre. Ma Margaret Rossiter, nei suoi lavori di indagine a metà tra studi di genere e storia, scoprì tra i documenti consultati una versione diversa: centinaia di scienziate erano state cancellate dalla storia delle scienze, e con esse il loro contributo in questo ambito, facendo passare la scienza come una cosa da uomini. Le conseguenze di ciò, a livello scolastico e motivazionale nella scelta della futura professione da parte di bambine e ragazze, sono note.

L’Effetto Matilda si manifesta con la minimizzazione dei riconoscimenti ottenuti dalle scienziate, o attribuendo il merito di un risultato al collega maschio, magari in una situazione collaborativa, di equipe, o dove la posizione di comando è occupata da un uomo. La segregazione gerarchica in ambito scientifico è forte anche della convinzione che la scienza sia prerogativa maschile, e questo luogo comune radicato a livello sociale ha indirizzato gli studi di migliaia di donne, nel tempo, verso altri interessi, ritenuti più “femminili”. Solo negli ultimi anni si sta lentamente abbattendo il pregiudizio secondo cui gli uomini siano più portati per le materie scientifiche; inevitabile che nella catena di montaggio del lavoro questa discriminante scolastica dia i suoi effetti a breve e lungo termine.

Perché Matilda

Matilda Joslyn Gage è stata un’attivista vissuta negli Stati uniti nel XIX secolo, promotrice di battaglie per i diritti civili e in particolare per il suffragio femminile. Nata a New York nel 1826, spese la sua vita per il riconoscimento dei diritti delle donne, fu autrice di numerosi scritti, tra cui un saggio del 1870 intitolato Woman as Inventor (letteralmente “La donna come inventore”). Il saggio già proponeva una storia inedita dell’inventiva femminile, ovvero di come tanti progressi dell’umanità fossero avvenuti grazie all’apporto di scienziate che erano state relegate nell’anonimato o nell’oblio. In onore della sua intuizione e della sua tenacia, il suo nome è legato alla rivendicazione dei diritti delle donne nelle scienze.

 

L’11 febbraio è stata 

la Giornata internazionale 

delle donne e delle ragazze 

nella scienza

L’Assemblea Generale delle Nazioni unite ha istituito l’11 febbraio del 2015 la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Si tratta di una occasione per fare il punto sulla presenza e sul ruolo delle donne in questo ambito e per abbattere il gender gap che ancora resiste in ambito scientifico. Secondo uno studio compilato nel 2019 da The Lancet, di tutti gli articoli scientifici pubblicati tra il 2013 e il 2018, solo uno su tre è redatto da una donna.

Sono solo 20 le donne che hanno ricevuto il Premio Nobel per la Scienza, su 600 assegnazioni, mentre solo il 28% dei ricercatori di tutto il mondo è donna (fonte Onu 2019). In Italia i laureati in materie scientifiche (STEM) sono solo l’1,4% degli studenti; lo 0,2% di questa già esigua porzione è rappresentato da donne (il restante 1,2% da uomini), tra le percentuali più basse in Europa (Unioncamere 2019). Segno che la strada, sebbene aperta, è ancora lunga da fare.

Roberta Rega

 


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