Politica

Legge elettorale e Premierato legati a filo doppio

di Giuseppe Ariola -


Nessuna iniziativa ufficiale, ovvero nessun testo è stato ancora presentato né alla Camera né al Senato, ma il percorso che porta a una nuova legge elettorale è stato avviato già da tempo e da qualche giorno è entrato nel vivo. Diversi schemi della riforma per eleggere il prossimo Parlamento circolano negli uffici dei gruppi da mesi, in attesa che a Montecitorio si entri nel vivo dell’esame del Premierato. Ma su questo fronte la maggioranza al momento è attendista. La “madre di tutte le riforme” sarà senza dubbio approvata entro questa legislatura, ma solamente a ridosso della sua scadenza. Due i motivi principali: innanzitutto evitare che il referendum confermativo abbia luogo prima delle prossime elezioni, perché in caso di bocciatura il governo sarebbe obbligato a tenerne conto sulla scorta dell’autogol segnato a suo tempo da Renzi, e, in secondo luogo, il legame a filo doppio che il Premierato ha proprio con la legge elettorale che immagina Giorgia Meloni. Nonostante già oggi sia prevista l’indicazione di un ‘capo politico’ da parte dei partiti che si presentano da soli o in coalizione agli elettori, di fatto ciò non comporta alcun nesso causa-effetto. Il presidente del Consiglio viene nominato dal Presidente della Repubblica, al netto del nome indicato dai partiti quale capo politico. Ed è proprio su questo punto che si incrociano i destini di Premierato e nuova legge elettorale. La prima riforma assegna agli elettori la scelta del premier, mentre la seconda vedrebbe il nome del candidato Presidente del Consiglio sulla scheda. Votando con tale modalità, con il Premierato approvato dal Parlamento ma senza che i cittadini si siano già espressi, il referendum potrebbe imboccare una strada in discesa, perché il nuovo meccanismo sarebbe già stato metabolizzato attraverso un test elettorale. Ma anche le altre novità della nuova legge elettorale a cui lavora la maggioranza non sono da sottovalutare, soprattutto per gli equilibri interni agli schieramenti. Senza sottovalutare che anche la sola presenza del candidato premier sulla scheda elettorale acuirebbe la faida già in corso tra Elly Schlein e Giuseppe Conte, sempre qualora quest’alleanza dovesse vedere realmente la luce. L’idea è quella di un ritorno al proporzionale e alle preferenze (tutti devono far finta di essere d’accordo, nessuno vuole però reintrodurle), ma con un premio di maggioranza che assegni il 55% dei seggi a chi conquista almeno il 40% dei consensi. Eliminando i collegi uninominali ciascun partito sarebbe dunque rappresentato in Parlamento in base al proprio reale peso specifico e non in relazione ai sondaggi o al risultato delle precedenti elezioni. Novità questa che fa storcere il naso a Forza Italia e Lega che con questo meccanismo, tenendo conto degli attuali valori in campo, vedrebbero assottigliarsi le rispettive pattuglie parlamentari a tutto vantaggio di Fratelli d’Italia.


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