Politica

L’estate… nera della Lega

Dalle esternazioni del Papeete non c’è estate che non crei problemi al segretario della Lega. Allora – e ha fatto tutto da solo - ci ha rimesso il posto di Ministro dell’Interno. Quest’anno i problemi gli vengono dagli uomini più vicini.

di Alberto Filippi -


Dalle esternazioni del Papeete non c’è estate che non crei problemi al segretario della Lega. Allora – e ha fatto tutto da solo – ci ha rimesso il posto di Ministro dell’Interno. Quest’anno i problemi gli vengono dagli uomini più vicini. In questi giorni, dopo gli amministratori “pistoleri” che qualche imbarazzo – per quanto si chiami Salvini – gli hanno pure creato, ci si è messo il sottosegretario all’Economia Fabio Durigon, uno dei pesi massimi del Carroccio. Non contento di essere finito nell’occhio del ciclone per essersi fatto scappare in un fuori onda che “chi fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi”, ha proposto in un comizio a Latina di sostituire il Parco intitolato a Falcone e Borsellino con il nome di Mussolini. Vero, non si tratta di Benito ma di suo fratello. Purtroppo però, sempre di un Mussolini parliamo! E viene da chiedersi se “ci fa o c’è”. E la cosa ancora più grave è che Matteo Salvini, che ha parlato subito dopo, non ha detto una sola parola per prendere le distanze dall’iniziativa del suo fedelissimo. La cosa non è di poco conto perché, insieme ad altri inquietanti episodi del passato (la proposta di un Nobel a Salvini per la pace), evidenzia la vera anima qualunquista della Lega, disposta a tutto pur di raggranellare qualche consenso, anche di parte fascista, a danno di Giorgia Meloni. Come se non bastasse, si è aggiunta pochi giorni dopo la “provocazione” – perché di provocazione si tratta – di un ex consigliere comunale leghista di Colleferro, Andrea Santucci: cambiare la denominazione a Roma di piazzale dei Partigiani in piazza Adolfo Hitler! E che dire del candidato del centrodestra a Milano, Luca Bernardo, che un tempo girava con una pistola tra i reparti del suo ospedale e ora dice di non fare alcuna distinzione tra fascisti e antifascisti ma solo“se sono uomo e donna perbene”. Si tratta di episodi che non sorprendono più di tanto, essendo la conseguenza di una deriva iniziata anni prima. Era il 2 dicembre 2013 quando Matteo Salvini “prese” la Lega dei Bossi e dei Maroni al 4,09 per cento portandola nel 2019 al 34,33. Per “sua” bravura? E’ difficile crederlo dal momento che non ci troviamo di fronte ad un politico di spessore. Più semplicemente esaltando l’ambiguità di una linea “ora di qua ora di là” che non si fa scrupoli, pur di assecondare la “pancia” della gente. Il nuovo segretario del Carroccio si fa due conti e per crescere comincia ad imbarcare “figurine” di estrema destra e i loro elettorati, strizza l’occhio ai nostalgici del fascismo cercando di “pescare” consensi anche nel campo della Meloni. Inizialmente trova una sponda in casa Pound, da cui due anni dopo si distacca, ma non rompe. Nasce di fatto il “fascioleghismo” che nell’estate del Papeete, con i sondaggi che lo proiettano intorno al 37/38 per cento, lo porterà al passo falso di chiedere i pieni poteri. Le conseguenze sono note ed è cronaca politica di questi mesi con una particolarità da non trascurare: nei sondaggi Giorgia Meloni gli ha soffiato il primo posto nella coalizione di centrodestra. Quindi una Lega non solo di governo, ma anche di lotta e, se serve per i consensi, anche nera!


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