Politica

L’eterno ritorno di Albino Ruberti e quel suo uomo al Campidoglio

di Eleonora Ciaffoloni -

ALBINO RUBERTI CAPO DI GABINETTO ROMA CAPITALE


Se Maometto non può andare alla montagna, allora la montagna cerca il modo per avvicinarsi al suo profeta. Sembra proprio la storia di Albino Ruberti, il dimissionario ex capo di Gabinetto del sindaco di Roma, che impossibilitato a ritornare al Campidoglio per i suoi trascorsi poco ortodossi – insieme alla causa giudiziaria – sta cercando il modo per rientrarci. E sembra esserci riuscito. Il pass per il suo rientro dietro le quinte del palazzo si chiama Luigi Pomponio, Presidente del Consiglio di Amministrazione e Amministratore delegato di LazioCREA, la società partecipata alla Regione Lazio per le iniziative culturali, sociali e turistiche del territorio. La coincidenza vuole che lo stesso Albino Ruberti, nel periodo tra la primavera del 2017 e l’inverno del 2018, abbia ricoperto la carica di presidente della stessa società, prima di lasciare il posto per rispondere alla chiamata del rieletto presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti alla Pisana, dove ha prestato servizio per quasi tre anni. Anni di successo, che hanno anticipato il passaggio del nostro protagonista al Campidoglio, come Capo di Gabinetto del nuovo sindaco di Roma Roberto Gualtieri. E il caso vuole, ancora una volta, che il sopra citato Luigi Pomponio vada a prendere posto nell’ufficio che è stato – e costato – tanto caro a Ruberti. Uscire dalla porta delle grandi giunte romane da dimissionario, per rientrare dalla finestra alle spalle di un nuovo uomo di fiducia, nelle vesti di vicecapo di Gabinetto al Campidoglio. Una mossa astuta da uomo invisibile, diventato tale dopo il video della lite nel dopocena di Frosinone con altri esponenti del Pd, circolato ad agosto scorso che, tra le urla, ha fatto molto rumore. Nel video Ruberti, rivolgendosi a Vladimiro De Angelis (il leader dei dem in Ciociaria), gridava: “Ma io a te me te compro!” e ancora “Se non mi chiede scusa entro cinque minuti in ginocchio, gli sparo, lo ammazzo”. Una lite dallo sfondo e dai toni calcistici, aveva detto Ruberti, a cui però erano seguite le sue dimissioni e l’apertura di una inchiesta da parte della procura. Motivo futile, quello calcistico, per una dimissione in tronco: infatti, secondo molte delle voci susseguitesi, il litigio che era scaturito a tavola riguardava le liste elettorali del Pd per le elezioni alla Regione Lazio con la corsa alla successione di Nicola Zingaretti e la candidatura della compagna di Ruberti, Sara Battisti, per la quale l’ex capo di Gabinetto cercava di raccogliere i consensi tra i compagni di partito. “Le cose faranno il loro corso e si dimostrerà che io, oltre l’errore di usare quelle parole e quei toni, non ho niente da nascondere”, aveva detto Ruberti dopo le dimissioni. Difatti, le cose stanno facendo il loro corso e dopo gli interrogatori di metà novembre la procura sta valutando su Ruperti il procedimento per minacce, mentre non sembra esserci riscontro per le ipotesi di corruzione. L’indagine, infatti, potrebbe chiudersi con una archiviazione. E mentre i commensali della ricordativa cena stanno già guardando alle elezioni – Sara Battista ha ufficializzato la sua candidatura alle regionali – Ruperti sembrerebbe avere nuovamente un piede nelle giunte romane.

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