Politica

Letta all’angolo e Renzi attacca: “Pensi solo a me”

Una campagna elettorale contrassegnata in questi giorni dalla battaglia tra Enrico Letta e Matteo Renzi. Il segretario del Pd, sempre più all’angolo e quasi ossessionato dalla figura del leader di Italia Viva, prova a difendere Crisanti dagli attacchi che provengono da più parti per la candidatura del microbiologo ma finisce per scivolare sui morti per Covid: “Con Salvini e Meloni al governo avremmo avuto migliaia di morti in più”. E subito l’ex rottamatore gli risponde: “La differenza? Lui con Conte e Speranza, io con Draghi e Figliuolo”.

di Edoardo Sirignano -


Il segretario dem difende Crisanti ma scivola sui morti per Covid Il leader Iv: “Lui con Conte e Speranza, io con Draghi e Figliuolo”.

Enrico Letta viene messo all’angolo. Il colpo decisivo arriva da Matteo Renzi che dichiara:“Pensi solo a me”. Il primo round del match avviene sulla mancata candidatura di Luca Lotti nelle liste dem. Il deputato, dopo aver dichiarato la propria indisponibilità a candidarsi in un collegio non sicuro, ne ha dette di cotte e di crude al segretario del Nazareno. Un attacco sviato con parole semplici, ovvero che il partito avrebbe voluto ricandidare tutti gli uscenti.

La vera sorpresa, invece, è l’incursione a gamba tesa del leader di Italia Viva, che difende il suo ex ministro allo Sport: “La strategia del segretario del Pd è caratterizzata più dal rancore personale che dalla volontà di vincere”.

Il secondo round, invece, viene disputato sul campo della pandemia. Dopo i brindisi sulla discesa in campo di Crisanti, il giglio fiorentino ricorda all’ex compagno di partito come col microbiologo il Paese sarebbe stato chiuso al primo raffreddore. A difendersi è solo l’esperto di virus che parla di “ignoranza scientifica e opportunismo”. Letta, invece, cambia tavolo di gioco e se la prende con gli avversari di centrodestra, richiamando addirittura i morti per Covid: “Se avessero governato Salvini e Meloni nel 2020 – esclama – quante migliaia di morti in più avremmo avuto?”. La risposta più dura, però, ancora una volta arriva dal centro.

L’uomo della Leopolda evidenzia le diversità tra lui e il numero uno del Nazareno durante il picco della pandemia: “Lui Conte e l’esercito russo. Io Draghi e il generale Figliuolo. Occhi di tigre sta diventando monotono”.

Dello stesso parere l’alleato di Iv Carlo Calenda. Il leader di Azione esorta i dem a non strumentalizzare una tragedia. Marco Montecchi, segretario nazionale di Valore Liberale, parla addirittura di “sciacallaggio politico”.

Questa, però, è solo una delle tante sfaccettature che riguardano il fight club del Nazareno. Dopo lo sfogo di Lotti, il caso Cirinnà e le mogli candidate, la rabbia o meglio ancora le vendette prendono il sopravvento.
Nella notte dei lunghi coltelli del Nazareno sacrificati o messi in collegi non sicuri big del calibro di Stefano Ceccanti, Andrea Marcucci, Filippo Sensi, Marcello Pittella, Roberto Morassut, Rosa Maria Di Giorgi, Emanuele Fiano e Alessia Morani.

L’ex premier Gentiloni starebbe sudando più di qualche camicia per trovare uno spazio al suo pupillo ed ex ministro Vincenzo Amendola, la cui rielezione al momento è tutt’altro che scontata.

Stavolta per Letta non basta neanche prendersela con il tanto discusso Rosatellum. Il suo padre fondatore Ettore Rosato, tra l’altro braccio destro di Renzi, sottolinea come non è il sistema a essere sbagliato, ma è semplicemente “scarso” chi adesso è a capo della sinistra italiana.

Ecco perché le uniche speranze di Letta si fondano sul re dei tagli Carlo Cottarelli e soprattutto sull’uomo che in tv ha battuto la pandemia, ovvero il microbiologo Andrea Crisanti. Le prime uscite, però, sembrano aver scatenato esclusivamente polemiche e non certamente balzi in avanti negli indici di gradimento.
A questo, poi, bisogna aggiungere il caso Casini. Il Pd dei tre mandati blinda il recordman delle legislature. Per l’ex Ud, in caso di rielezione, sarebbe l’undicesimo mandato. Letta si dimentica della partita del Quirinale, dove aveva bocciato il politico di Bologna perché troppo amico di Renzi e addirittura lo premia, garantendogli ancora una poltrona nel collegio rosso. Il tutto a discapito di qualche attivista della prima ora. Per il segretario dei dem vale il principio machiavellico del “fine giustifica i mezzi”. Per riprendersi la bandiera dello scudocrociato e i voti del centro, di cui l’ex presidente della Camera è simbolo indiscusso, la coerenza può essere messa tranquillamente in soffitta o in questo caso il passato, considerando i numerosi salti della quaglia effettuati da chi aveva addirittura l’ambizione di rubare il posto a Mattarella. 


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