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L’Europa esorcizza il pericolo. “Non c’è il rischio di contagio”

di Eleonora Ciaffoloni -

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO


Un déjà-vu, con un salto temporale di quasi quindici anni, ha risvegliato gli Stati Uniti in una turbolenta domenica. Il crac della Silicon Valley Bank – precedente solo di poche ore a quello della Signature Bank – ha riportato alla mente il crollo della Washington Mutual del 2008, più grande fallimento bancario nella storia del Paese, a cui l’insolvenza della scorsa domenica segue al secondo posto. Il default ha terrorizzato non solo i mercati e gli istituti finanziari degli Stati Uniti, ma anche i governi e le organizzazioni di tutto il mondo, che sono ora alla finestra per scongiurare una nuova Lehman Brothers. E mentre il Presidente Usa Joe Biden rassicura i suoi cittadini dichiarando che “il sistema bancario americano è sicuro” e che “i risparmi sono al sicuro”, annuncia anche un piano per evitare che il fallimento di Silicon Valley Bank si tramuti in un nuovo 2008. La dichiarata calma non ha evitato il duro contraccolpo sulle borse europee e non ha tranquillizzato l’economia europea e dei suoi Paesi.

L’EFFETTO CASCATA

Il crollo americano ha chiaramente messo sull’attenti i mercati oltreoceano, che però dopo il contraccolpo del 2008, sono decisamente più tutelati grazie alle regole ferree imposte alle banche dalla Bce con Basilea 3. Difatti, un vero rischio di contagio diretto non sembra esserci. Dall’Ue, gli occhi sono puntati sulla situazione americana, ma fanno sapere da Bruxelles, il Consiglio sta valutando le eventuali ripercussioni sull’Unione “un po’ più protetta” rispetto a quanto sta accadendo, anche se le verifiche, fanno sapere i funzionari, sono ancora in corso. L’ipotesi di “contagio” sull’economia europea è stata smentita alla riunione dell’Eurogruppo anche dal commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni: “Non vediamo un rischio specifico di contagio. Certo, monitoriamo la situazione in stretto contatto con la Banca centrale europea” e “apprezziamo le iniziative intraprese dalle autorità Usa per evitare un contagio nel Paese”. Un rischio limitato dal fatto che tutte le banche europee applicano gli standard di prudenza di Basilea, che evitano il rischio diretto e rendono l’impatto di minore gravità. Dall’Eurogruppo, poi, Gentiloni ha richiamato i Paesi dell’Unione a una politica fiscale prudente – considerando i diversi livelli di inflazione – e ha chiesto di ritirare le misure universali di sostegno per il caro energia.

MONITORAGGIO GIORGETTI

Come accaduto per quelle europee, anche le banche italiane pagano il crac di SVB e Signature Bank. Nonostante la rete di protezione allestita dagli Usa i titoli crollano: Milano non ha evitato il duro contraccolpo perdendo il 4% e mandando in fumo 24 miliardi. Tra i titoli più penalizzati ci sono Bper e Banco Bpm, in caduta rispettivamente del 9,3% e dell’8,3%, ma anche le due “big” Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno accusato il colpo, con forti flessioni registrate rispettivamente del 6,2% e del 6,8%. Una conseguenza dai risultati inevitabili, che non sembra preoccupare oltre il dovuto il governo italiano. A predicare la calma nel nostro Paese è il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che “segue con attenzione gli sviluppi delle vicende legate alla Silicon Valley Bank e alle decisioni prese dalle autorità monetarie americane”. Nella nota rilasciata nella giornata di ieri dal Mef il ministro oltre a voler tranquillizzare, ha evidenziato come “il sistema bancario italiano ed europeo è regolarmente monitorato dalle autorità di vigilanza e supervisione assicurandone così la stabilità”. Insomma, una maggiore sicurezza rispetto agli Usa, a cui si rivolge sempre nella nota: “Apprezziamo la tempestività con cui le autorità americane sono intervenute e confidiamo che, se necessario, anche le autorità europee intervengano con la medesima tempestività valutando anche le implicazioni per la condotta della politica monetaria e per la stabilità finanziaria” ha concluso Giorgetti. Al momento, non sembrano previste riunioni di emergenza della Banca centrale europea, ma la situazione rimane sotto supervisione, con il Consiglio europeo sempre in valutazione sulle possibili ripercussioni per i Paesi membri.

PROSPETTIVE SEMI-ROSEE

Una prudenza necessaria per un crollo annunciato, ma che “non porterà a un nuovo 2008”. Questa la rassicurazione dell’economista e docente all’università San Raffaele di Roma Lucio Lamberti che spiega come quello americano “sia ancora un fenomeno circoscritto di selezione delle realtà che hanno eccessivamente goduto della bolla della liquidità a costo zero”. Eppure, avverte, ci saranno “ripercussioni indirette ma importanti”. In primis, una maggiore tolleranza della Fed verso l’inflazione, “perché il cambiamento veloce crea problemi di fragilità strutturale” e perché “l’inflazione non si combatte solo con i tassi o togliendo liquidità”. In ogni caso, evidenzia Lamberti “siamo in un mondo fragile in perenne disequilibrio e con tanti squilibri non riaggiustabili come il debito”. Dobbiamo “abituarci a queste crisi latenti. Fanno parte del modello di sviluppo”.

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