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Liberalmente corretto – Gelati nel Golfo Persico

di Michele Gelardi -


Liberalmente corretto – Gelati nel Golfo Persico, migranti nel Mediterraneo

L’Unione europea si preoccupa delle fibrillazioni internazionali nel Golfo Persico, al punto che ha istituito una task force pronta a intervenire – più precisamente pronta a riflettere e meditare su come possano intervenire gli altri – guidata da un grande pensatore, esperto nella vendita di gelati allo stadio Fuorigrotta di Napoli. Il pensatoio dispone di un budget ragguardevole e generoso, corrispondente all’interesse europeo per questo mare, che sopravanza di gran lunga quello per tutti gli altri mari del mondo. Compreso l’interesse per il Mediterraneo. A Bruxelles devono aver pensato che in questo bacino il business dei gelati lo sanno già gestire i nativi, mentre i popoli del Golfo Persico hanno maggior bisogno di esperti del settore. Forse hanno un po’ sottovalutato il fatto che il buon Luigi Di Maio può essere considerato il numero uno nella vendita di gelati, ma non altrettanto nel campo della produzione. Comunque non è il caso di farne un dramma; vorrà dire che gli abitanti del golfo avranno imparato a vendere, prim’ancora di aver imparato a produrre i gelati, nel segno del proverbio “impara l’arte e mettila da parte”.

D’altronde la situazione nel mar Mediterraneo non è poi così preoccupante, da richiedere un pensatoio ad hoc. I giganteschi flussi migratori, dalle coste africane alle italiane, non turbano i sonni della Von der Leyen e dei suoi numerosi collaboratori e consiglieri, finalmente alleggeriti dei crucci mediorientali, affidati a un chiosco di gelati degno della massima fiducia. Rassicurati sul fronte più caldo, si sono potuti dedicare alle gitarelle estive nel Mediterraneo. Per coincidenza, Ursula von der Leyen ed Emmanuel Macron hanno scelto la stessa meta. Sono approdati nell’isola di Lampedusa, dove hanno dato sfoggio della loro innata propensione alla “solidarietà”, ricevendo gli applausi dei presenti, ma anche degli assenti, sedotti dalle ammirevoli espressioni di tanta ineffabile bontà. Al ritorno in patria il presidente francese ha immediatamente espresso la sua solidarietà, chiudendo le frontiere agli immigrati. A quanto pare il diritto “universale” a oltrepassare le frontiere senza alcun permesso non è poi così universale, se si ferma a Ventimiglia. Non è poi nemmeno un “diritto”, in senso proprio e pieno, se in tutto il mondo è sottoposto alle condizioni previste dalle procedure di autorizzazione dello Stato ricevente. Per parte sua, la von der Leyen ha dato corso alla sua “solidarietà”, dimenticando il caso. L’oblio è la via maestra per lenire il dolore e Ursula ne è pienamente consapevole; la faccia addolorata andava bene a Lampedusa, ora è meglio non pensarci più. Anche le autorità tedesche si sono allineate all’impulso solidaristico del binomio von der Leyen-Macron: hanno detto un secco “no” ai ricollocamenti, deludendo il Presidente della Repubblica Mattarella, che nell’occasione aveva indossato i panni del ministro degli esteri. Solo gli italiani sono così cocciuti da preoccuparsi ancora dei barconi che vanno e vengono.

Le carrette del mare hanno fatto parecchi morti; gli scafisti fanno affari sulla pelle dei profughi, vendendo una speranza che non c’è; i Paesi africani sono impoveriti delle loro risorse umane più giovani e intraprendenti; in Italia entrano in crisi l’ordine pubblico e l’equilibrio nei sistemi di assistenza e previdenza.
Il Presidente del consiglio, tuttora preoccupatissimo, ma un po’ meno di ieri, siccome incoraggiato da tanta solidarietà europea, pensa di intervenire sul versante degli arrivi, più che su quello delle partenze. Conta di creare centri di raccolta, chiamati CPR, che meglio sarebbe definire “campi di concentramento”, dove i profughi potrebbero essere trattenuti fino al limite massimo di 18 mesi, prima di capire se abbiano diritto di ingresso. Un bel sistema non c’è che dire: una detenzione di 18 mesi per chi non ha commesso alcun reato. La frastornata premier de noantri sembra aver perso del tutto il senno; l’inattesa “solidarietà” europea le è sembrata una sorta di lascia passare whatever it takes. Ha pensato che in questo “whatever” ci possa rientrare anche la violazione del diritto naturale della persona a non subire alcuna detenzione, se non per un reato; nel caso di specie, non solo non commesso, ma nemmeno ipotizzato. Non ha ben compreso che in questa Europa “sociale” e socialista contano più i gelati, che i morti in mare; e gli incoraggianti di oggi si dispongono a divenire i censori di domani.


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