Attualità

LIBERALMENTE CORRETTO – L’anomalia del Fiscal Compact

di Michele Gelardi -


Il Trattato internazionale denominato Fiscal Compact, stipulato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 Stati dell’Unione Europea, presenta una serie molto lunga di anomalie. Si indicano le principali: a) contempla deroghe molto rilevanti ai Trattati istitutivi dell’Unione (TUE e TFUE); b) altera l’assetto dei poteri, a vantaggio dell’istituzione che sfugge al controllo elettorale; c) irrigidisce ulteriormente i vincoli per gi Stati della zona euro e li sottopone al controllo di un superpotere “automatizzato”.
A) I primi articoli del Trattato ne limitano il vigore: le sue disposizioni sono (annunciate) valide nel rispetto delle norme dei Trattati istitutivi e del diritto europeo (art. 2). Ma l’autolimitazione rimane solo sulla carta. In verità il Fiscal Compact pare proprio diretto a derogare alle norme basilari del TUE e TFUE, per vie traverse, eludendo le procedure di revisione ivi previste. Le modifiche apportate hanno ulteriormente approfondito il solco tra le prerogative degli Stati dell’Unione non appartenenti all’eurozona e gli Stati che vi appartengono.
La condizione di questi ultimi è deteriore, poiché sono sottoposti a un vincolo di bilancio molto più stringente: lo scostamento tollerabile tra entrate e uscite è dello 0,5% (1/% se il debito complessivo non eccede il 60% del PIL) nell’eurozona, del 3% per gli Stati che ne sono rimasti fuori. Il mito del “pareggio di bilancio” è un cappio, che, per ironia della sorte, ha cinto il collo dei Paesi insigniti di “virtuosità”, per essere stati ammessi alla moneta comune (a seguito di uno scrutinio rigoroso di parametri costanti nel tempo), mentre è stato risparmiato ai “non virtuosi”, i quali non hanno rinunciato alla moneta nazionale.
I parametri previsti nei Trattati istitutivi, derogabili solo per il tramite di una rigida procedura di revisione (3% dell’indebitamento, 60% del rapporto debito/PIL), sono stati modificati in sordina, in modi surrettizi e illegittimi, mediante un Trattato anomalo, che dispone in maniera totalmente diversa rispetto alle sue stesse premesse ufficiali, le quali in teoria farebbero parte integrante del contenuto dispositivo.
B) Sul cappio al collo dei Paesi dell’eurozona vigila un cane da guardia, il quale ha diritto di ingerenza negli affari interni degli Stati. Il cane si chiama “Commissione”, istituzione non elettiva, che ha preso il sopravvento sul Consiglio, avente comunque un legame con l’elettorato.
Mentre il Consiglio è diretta espressione dei governi nazionali, i quali godono ovviamente di un’investitura popolare, la Commissione, composta da soggetti designati una tantum, è svincolata dalla maggioranza politica a sostegno dei governi, rispetto alla quale i suoi componenti possono trovarsi in posizione di antagonismo.
È il caso, per esempio di Gentiloni, designato da una maggioranza parlamentare antitetica rispetto a quella che sostiene oggi il governo Meloni. Il controllore del cappio non risponde a chicchessia; è politicamente irresponsabile; determina la politica degli Stati, pur non facendo parte dei suoi organi direttamente o indirettamente elettivi.
Ebbene, il Fiscal Compact ha inciso profondamente sull’equilibrio interno dei poteri, alterando le regole fondanti, delle quali annunciava in premessa il rispetto. Alla Commissione sono stati attribuiti i poteri di incidere sulla politica di bilancio degli Stati e di promuovere misure sanzionatorie, residuando al Consiglio solo la possibilità di dissentire con deliberazione a maggioranza qualificata.
C) Il Fiscal Compact ha introdotto inoltre l’obbligo automatico di ridurre di 1/20 ogni anno l’ammontare del debito, in caso di eccedenza del rapporto debito/PIL. Si sono drasticamente ridotti i margini di discrezionalità politica, un tempo facenti capo al Consiglio, oggi sostituiti da parametri numerici, rigidi e ciechi.
Senza contare che il Fiscal Compact ha potenziato gli strumenti di autorizzazione preventiva in capo alla Commissione, divenuta nei fatti un superpotere autoreferenziale. Tutti i 27 Paesi dell’Unione hanno un proprio rappresentante in Commissione; ciò significa che i Paesi al di fuori dell’eurozona esercitano il controllo sui parametri validi per gli altri, ma non per sé stessi. Con buona pace delle regole valide erga omnes dei Trattati costitutivi, ufficialmente rispettate, di fatto disattese.

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