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LIBERALMENTE CORRETTO – Ma l’Italia rispetta i Diritti dell’Uomo?

di Michele Gelardi -


Tra i diritti dell’uomo c’è anche quello di proprietà. Non solo quello di cambiare sesso o unirsi in “matrimonio” con un partner dello stesso sesso, in attesa di cambiarlo; anche la vetusta proprietà privata trova posto tra i diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione europea.

Anzi le è riconosciuto il posto d’onore all’art. 1 del protocollo 1 della Convenzione. Sottolinearlo suona un po’ surreale nel Paese dove l’idea marxiana, che la proprietà sia un furto, ha trovato tanti seguaci e le aggressioni al diritto sono tollerate e perfino esaltate. Dove la più grande azienda privata (ILVA) è stata sottratta ai legittimi e incolpevoli proprietari; le “okkupazioni” della proprietà altrui non costituiscono reato, ma legittime manifestazioni di dissenso; il proprietario deve chiedere il permesso dell’autorità politica per l’affitto breve o lungo; vige l’unico sistema al mondo di confisca preventiva.

La Corte EDU, con la sentenza Isaia del 25 settembre, ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 1,
ricordandoci il piccolo particolare che il diritto di proprietà costituisce l’architrave della civiltà umana. Violarlo è sommamente ingiusto, per ragioni troppo facilmente dimenticate.
a) Il diritto di proprietà ha un contenuto, non solo patrimoniale, ma anche affettivo, personale e morale. Il bene, che costituisce il frutto del lavoro e della fatica, non può essere ridotto a indice numerico. Costituisce la realizzazione concreta dell’operosità e dell’iniziativa personale; è la proiezione della persona nel mondo di relazione, la rappresentazione visibile della sua personalità sociale. L’autore materiale dell’opera, capitalizzata nel bene economico, ne è anche l’autore morale; ne detiene il copyright. Sotto questo profilo, sottrarre l’acciaieria di Taranto ai legittimi proprietari, facendone subentrare altri, non è molto diverso dall’umiliare Einstein, attribuendo la teoria della relatività ad altro scienziato.

b) La proprietà non consiste solo in un diritto di godimento, ma anche di difesa. La cerchia dei beni su cui la persona esercita lo jus excludendi segna i confini di un dominio inviolabile, posto a tutela della libertà personale. In questa sfera esclusiva non sono possibili ingerenze esterne, né dei privati, né dell’autorità politica. Lo Stato di diritto comincia, dove l’autorità politica riconosce, e finisce, dove viola l’area privata, su cui il cittadino esercita il dominio esclusivo. Non ha alcun senso la parola privacy, se il diritto di proprietà, che ne è lo strumento essenziale, è sottoposto alle scorribande dell’autorità. La più efficace difesa contro l’autoritarismo risiede proprio nella disponibilità diretta dei mezzi economici, indipendente dal consenso dell’autorità. La privazione della proprietà espone il cittadino al ricatto autoritario.

c) La proprietà privata e il libero mercato vanno di pari passo. I rapporti di collaborazione e scambio, nel libero mercato, possono essere avviati, quando sono chiari i limiti delle proprietà dei contraenti. I beni possono esser scambiati solo quando sia certo il titolo giuridico di chi ne intende disporre. Ne deriva che le alterazioni impreviste della circolazione dei beni creano un danno a tutto il meccanismo di mercato, che è la vera linfa dello sviluppo economico. Senza la proprietà privata, il mercato non prende forma e si ritorna alla società tribale, dove gli scambi erano paralizzati perché la persona non disponeva di qualcosa di suo, in piena autonomia.

d) La certezza del diritto (rule of law) è la risorsa più grande della società. Il diritto incerto non può essere né utilizzato, né scambiato. Fin quando dura l’incertezza tutte le relazioni e le iniziative risultano paralizzate. Simile all’incertezza attuale è quella potenziale. Gli operatori economici non vogliono investire laddove il diritto di proprietà può cedere al capriccio o alla sopraffazione dell’autorità.
Non l’egoistico interesse del singolo, bensì il bene dell’intera società impone il rispetto del diritto di proprietà. A questo principio basilare della civiltà si sottrae sempre più spesso l’Italia, unico Paese dell’area occidentale dove con la confisca non si sanziona un reato commesso, ma si intende prevenirne uno non ancora commesso.


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