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LIBERALMENTE CORRETTO – QUEI PM CHE FANNO I GIUDICI

di Michele Gelardi -

INAUGURAZIONE DELL' ANNO GIUDIZIARIO 2022 DELLA CORTE D'APPELLO DI MILANO GIUSTIZIA TOGA ROSSA TOGHE ROSSE MAGISTRATO MAGISTRATI MAGISTRATURA GIUDICE GIUDICI ORDINE GIUDIZIARIO


Il 12 maggio 2020, in un’intervista al Foglio, Sabino Cassese parlava di un “Montesquieu tradito”, in ragione della “magistratizzazione del Ministero della Giustizia” che determina un “groviglio tra politica e giustizia”. Ma l’illustre giurista, già presidente della Corte costituzionale, coglieva solo parzialmente le ragioni e la dinamica del “tradimento”. Ciò si deve al grande equivoco che si cela dietro la parola “magistratura”, la quale sottende ruoli e funzioni molto diverse e tuttavia linguisticamente e concettualmente accomunate. L’equivoco non si supera, se non si coglie l’esatta natura delle funzioni del pubblico ministero. Il defunto professore Girolamo Bellavista, ordinario di procedura penale all’università di Palermo, parlava espressamente di organo amministrativo. Ciò che valeva allora, nella vigenza del vecchio rito inquisitorio, vale a maggior ragione ora che vige il sistema processuale accusatorio, nel quale il pubblico ministero rappresenta l’accusa e siede come parte processuale, innanzi al Giudice super partes. Essendo escluso che la parte possa al contempo ergersi super partes, logica vuole che il pm sia qualificato per ciò stesso organo amministrativo. E logica vorrebbe che l’organo amministrativo appartenesse al potere amministrativo. Per la delicatezza delle sue funzioni, tale organo potrebbe e dovrebbe godere di prerogative di indipendenza, ma giammai appartenere all’ordine dei giudici, per diversità strutturale tra l’attività di indagare e accusare, da un lato, e giudicare, dall’altro. Il pm è il capo della polizia giudiziaria; dirige l’attività di tutti gli apparati amministrativi deputati alla raccolta delle fonti di prova (carabinieri, guardia di finanza, polizia, municipale ecc), in vista del futuro processo penale. Ovviamente gli atti compiuti nella fase delle indagini non possono che essere autoritativi e direttamente esecutivi; sono dunque espressione di una vis coattiva, appartenente alla pubblica amministrazione. Insomma, tutti gli apparati della coercizione fanno capo a un solo organo, che, nella fase preprocessuale, agisce in autotutela dell’interesse della res publica a promuovere l’azione penale e, nella fase processuale, come parte pubblica che sostiene l’accusa. In ciò nulla si scorge che possa afferire alla funzione del giudice, il quale risolve una controversia, pronunciando la sua sentenza, “in nome del popolo italiano”. Tutte le democrazie occidentali riconoscono questa fondamentale distinzione; in Italia la parola “magistratura”, usata indifferentemente per il pubblico ministero e per il giudice, intorbida le acque e nasconde anche ai più avveduti che la vera ragione del “Montesquieu tradito” risiede nella commistione amministrativo-giudiziaria e perfino “paralegislativa” delle funzioni esercitate dal pubblico ministero. Il titolare della potestà coercitiva è collega del giudice e ne influenza le decisioni, al punto che il Gip viene considerato mero “passacarte”. Esercita un potere di veto sulle proposte di legge non gradite alla “magistratura”, sia perché il Ministero della Giustizia risulta “magistratizzato”, sia perché l’ANM è divenuta l’interlocutore ufficiale del Governo in materia giudiziaria, sia perché in Parlamento siedono numerosi ex pubblici ministeri, pronti a vestire nuovamente i panni di prima dopo la parentesi politica. Inoltre, bisogna tener conto del cosiddetto quarto potere. I famigerati “avvisi di garanzia” sono divenuti molto spesso “avvisi di morte politica”, grazie a verbali di polizia e intercettazioni telefoniche, ufficialmente segreti e misteriosamente divulgati a mezzo stampa. Sicché, 9il “groviglio” consiste in una “invasione di campo”, che insidia la corretta divisione dei poteri; pertanto, il consolidamento delle fragili basi della democrazia italiana postula necessariamente: la separazione delle carriere dei pm e dei giudici; l’eliminazione delle “porte girevoli” tra l’ordine giudiziario e il potere politico; la “demagistratizzazione” del Ministero della Giustizia.

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