Cultura & Spettacolo

Libri: metaverso fra presenza e resistenza

di Redazione -


di AGOSTINO CERA

Il pamphlet Contro metaverso. Salvare la presenza rappresenta il tassello più recente di un percorso filosofico – quello di Eugenio Mazzarella, professore emerito di Filosofia Teoretica presso l’Università di Napoli “Federico II” – lungo ormai oltre quattro decenni.
Il volume si compone di sette brevi capitoli, che muovono dall’annuncio della nascita di Metaverso/META, il 28 ottobre 2021 (cap. 1), del quale indaga le implicazioni profonde. Vale a dire: che Metaverso rappresenta il pendant della cosiddetta infosfera (cap. 2); che con l’avvento dell’infosfera salvare la nostra presenza somatico-carnale diventa l’«imperativo del presente» (cap. 3); che alla questione della presenza corrisponde la nostra persistenza come specie (cap. 4); che l’aspirante neo-speciazione postumana poggia su un’inconfessabile tecno-latria, una fede idolatrica verso la tecnica (cap. 5); che il ruolo sempre più invasivo delle neuroscienze è quello di «riprogrammare la stessa psichicità umana», per facilitarne l’ingresso nell’Eden infosferico (cap. 6); che il blurring (sfocamento) tra reale e virtuale alla base del paradigma infosferico (lo onlife) mira a sradicare l’umano da se stesso. Di qui l’imporsi di un «dossier digitale», paragonabile per urgenza ai «dossier sul nucleare e l’ingegneria genetica che abbiamo dovuto aprire dopo Hiroshima e Nagasaki e la doppia elica del DNA» (cap. 7).
L’interlocutore diretto delle pagine di Mazzarella è Luciano Floridi, al quale si deve il successo planetario del termine infosfera. Nella lettura di Mazzarella, la proposta di Floridi – una filosofia «troppo integrata nel suo tempo, troppo poco inattuale» – manca di quel pathos della distanza senza il quale l’analisi filosofica decade a giustificazionismo. Alla prospettiva di Floridi sfugge il carattere occultamente normativo della svolta infosferica ovvero che la «ri-ontologizzazione digitale della realtà» da essa operata esige il prezzo di un’antiquarizzazione dell’essere umano: un’obsolescenza auto-programmata e auto-indotta. L’antiquatezza corrisponde a «l’attitudine negativa dell’uomo nei confronti del suo essere-umano», espressa nella «pulsione neo-gnostica (tecno-gnostica)» dell’infosfera: un vero e proprio «disprezzo per il corpo, odio per la carne».
In gioco c’è dunque la presenza, un valore che la rivoluzione informazionale considera negoziabile. Facendoci esperire la frustrazione della presenza amputata (quella “a distanza”, “da remoto”), la parentesi pandemica ci ha invece (re)insegnato il valore insostituibile della piena presenza. La nostra ansia di “tornare in presenza” è l’ansia di reincarnarci, di riappropriarci della carne che siamo.
Parafrasando il titolo di un fortunato pamphlet di Nuccio Ordine, si direbbe che il volume di Mazzarella metta a tema non solo l’utilità bensì la necessità dell’inutile, il valore incalcolabile (incomputabile) di una testimonianza tanto inattuale da poter presto diventare non più recepibile. Una testimonianza di cui il nostro tempo sembra non avvertire il bisogno, ma che proprio per questo gli è tanto più necessaria.


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