Attualità

L’Identità e Identità tra Islam e Sicurezza

di Giuseppe Tiani -


L’Islam ha elementi endogeni della propria confessione che quando estremizzati si prestano ad alimentare un integralismo religioso incompatibile con il multiculturalismo. Difficile costruire i ponti di cui parla Papa Leone XIV, quando si demonizza l’identità di un popolo i suoi costumi e modi di vivere e il suo credo secolare, elementi di pericolo che non devono mai essere sottovalutati dalle Autorità di Pubblica Sicurezza e dalle Agenzie d’Intelligence, se vogliamo tutelare le libertà democratiche, che in Italia e in Europa vivono una congiuntura di particolare fragilità.

Evidenze segnalano la sensibilità di alcune comunità islamiche al richiamo strategico dei fratelli mussulmani, il cui fine è il dominio politico dell’Islam. Anche in Italia, le associazioni islamiche praticano il controllo del territorio per il contrasto alla violenza, come in Europa e in specie a Londra; ma l’obiettivo è affermare l’Islam e le sue più radicali credenze. Una colonizzazione dal basso, silenziosa e mimetizzata che condiziona persino le comunità coraniche considerate impure.

Nonostante la copiosa letteratura sull’immigrazione musulmana e quanto accade da tempo in Francia e Inghilterra, non spiega le ragioni per cui l’immigrazione più integralista e refrattaria alla convivenza multiculturale, non susciti inquietudine e timori in tutto il ceto politico. Infatti, ahimè, con rammarico segnalo che una parte minoritaria del mondo progressista e distante dai temi della sicurezza, quando non li demonizza, tanto che qualcuno si è spinto a narrare della violenza razzista delle forze di polizia per la morte del giovane Ramy, che avendo forzato un posto di controllo e l’alt polizia dei carabinieri, non rispettando la legge ha perso la vita; ma gli stessi attori non hanno speso parole per l’omicidio del brigadiere Carlo Legrottaglie.

D’altronde femministe démodé, considerano la cultura tribale delle comunità fondate sull’integralismo confessionale, l’avanguardia di modelli sociali di ciò che noi saremo domani. Episodi, fatti e dichiarazioni che danno l’idea dell’insipienza di alcuni “politici e opinionisti” e tarde femministe, autori e autrici di messaggi avulsi dai disagi e pericoli della realtà quotidiana che i cittadini vivono, ma che contribuiscono a demolire l’Identità italiana dei mille campanili, che rappresentano le diverse storie di costume e tradizioni delle comunità contadine, pastorali e industriali della penisola e delle isole, cementatesi attraverso il risorgimento, i nostri letterati e il nostro credo misericordioso.

Un processo unitario, su cui i padri costituenti con equilibrio e delicatezza hanno costruito lo spirito pubblico della laicità dello Stato e del libero credo, pilastri della democrazia. Comunque, le intese tra Stato e confessioni religiose riconoscono la fruibilità della libertà di culto delle minoranze, le cui prescrizioni e osservanze religiose non possono e non devono essere in contrastato con i principi costituzionali. Per esempio, l’ingresso in classe di alunne musulmane che indossano il velo islamico, come l’hijab, il niqāb, il chador o il burqa, ha fatto emergere in Francia come in Italia difficoltà e violazioni delle leggi di pubblica sicurezza. I simboli coranici si contrappongono con forza attraverso una manipolata libertà di culto, alla laicità dello Stato e all’uguaglianza di fatto e di diritto tra il genere maschile e quello femminile. Il velo islamico è portatore di un messaggio identitario potente per i mussulmani, che ogni giorno di più si oppongono pubblicamente e politicamente alla laicità dello Stato di diritto, refrattari alle conquiste delle donne e dell’identità di genere, figlie dell’evoluzione dei diritti della cultura greco romana su cui si fonda l’occidente, conquiste civili considerate nocive e incompatibili con l’islam, che così demolisce sic et simpliciter il principio cardine del multiculturalismo, ovvero l’uguaglianza dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini al di là dei generi. Poverette le sacerdotesse del femminismo di maniera che, con il loro imbarazzante silenzio, hanno dimenticato la rivoluzione socioculturale degli anni ’70, abiurandone la cultura politica e sindacale originaria delle contestazioni del movimento studentesco e operaio. Mi chiedo e chiedo ai lettori, l’evoluzione liberale, sociale, politica e giuridica su cui si fonda lo Stato di diritto, eretto sugli insegnamenti di Gaio e Ulpiano sino a Calamandrei e Moro può accettare la sudditanza di pratiche regressive e arcaiche della filosofia teocratica nella nostra società?


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