Politica

L’inchiesta ligure riaccende lo scontro tra politica e magistratura

di Lino Sasso -

Giovanni Toti, presidente della Liguria


L’inchiesta ligure, culminata con l’arresto del presidente Giovanni Toti per evitare che il governatore “possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive” a quelle per le quali è indagato, come scritto nell’ordinanza del gip, continua a dividere i partiti e acuisce il mai del tutto sopito scontro tra magistratura e politica. Uno scontro a tutto campo, perché più di un ministro e molti esponenti della maggioranza non hanno fatto alcun mistero di nutrire dubbi sulle tempistiche che hanno portato alle misure cautelari, sulla stessa necessità degli arresti preventivi e, più in generale, sull’influenza che alcune inchieste hanno nella vita istituzionale del paese pur concludendosi con un nulla di fatto. Il caso Toti ha dato solamente il la al riemergere del confronto a distanza su temi dei quali si dibatte da tempo, come la separazione delle carriere, l’utilizzo delle misure cautelari o l’indipendenza e l’autonomia dell’ordinamento giudiziario. Tra i protagonisti di questo dibattito a distanza alcuni ministri come Carlo Nordio e Guido Crosetto, il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia e il magistrato Nino Di Matteo. Un botta e risposta nel quale si inserisce anche il vicepremier Matteo Salvini che tocca anche un altro tema caldo, quello dei processi mediatici. “In un Paese civile si è colpevoli quando si è condannati in un tribunale, non su un giornale o in un talk show televisivo”, tuona il leader della Lega. La risonanza mediatica di alcune inchieste, spesso alimentate da fughe di notizie magari parziali che dai tribunali finiscono nelle redazioni, è infatti un altro punto molto importante che da sempre anima il dibattito tra politica e magistratura. Una prassi che miete vittime su vittime, perché scredita l’indagato al punto da indurlo, anche se innocente, a un passo indietro qualora ricopra incarichi pubblici. Non è un caso se da quando è deflagrata l’inchiesta ligure in molti, nel fare appello alla prudenza e alla presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva, hanno portato l’esempio dell’ex senatore di Forza Italia, Marco Siclari, sacrificato in nome dell’opportunità politica sulla scorta di una sentenza di primo grado, poi completamente ribaltata in appello “perché il fatto non sussiste”. Un’assoluzione totale rispetto alla quale la procura non è neanche ricorsa in Cassazione. Ma Siclari, che L’identità ha voluto intervistare, non è più parlamentare, nonostante sia stato riconosciuto innocente. Una circostanza che non può non far riflettere.


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