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L’INCHIESTA – L’uomo di Di Maio e il progetto per lanciare Carfagna premier

di Redazione -


Leonardo fa il tifo per Mara Carfagna. C’è una regia occulta dietro la strategia della comunicazione dell’ex forzista in Azione e ministro per il Sud del governo Draghi. Un “grande vecchio” che muove i fili nell’ombra e che sta portando avanti il piano strategico di potenziare la figura della Carfagna al fine di contrapporre la donna all’altra donna, a elevarla a leader del Terzo Polo per giocarsi una battaglia al femminile con Giorgia Meloni. Il disegno verrà svelato a urne chiuse, quando, qualora i consensi di Calenda e dell’alleato Matteo Renzi dovessero rispecchiare un risultato inaspettato, tireranno fuori dal cilindro il duello tutto al femminile.

A portare avanti l’oscuro piano, senza alcuna autorizzazione e nel più totale conflitto d’interessi, è Augusto Rubei. Un nome che ai più può non dire nulla, ma che ha una storia da addetto stampa prima con il sindaco Virginia Raggi, poi con l’ex ministro della Difesa del Conte 1, Elisabetta Trenta, e infine come portavoce del titolare degli Esteri Luigi Di Maio, con il quale Rubei ha stretto un’amicizia così consolidata da volerlo come ospite d’onore al suo matrimonio, nel 2019. “La foto degli sposi con l’ex capo grillino e la fidanzata Virginia Saba ha fatto il giro del web”, ricordano ancora oggi alla Farnesina. Poi Rubei ha lasciato, almeno sulla carta, il mondo della comunicazione, per approdare magicamente a Leonardo, il colosso del settore della difesa ex Finmeccanica, dove è stato assunto nel ruolo di vice presidente alle Relazioni Internazionali. Una carica che non consente certo di avere altri incarichi, figuriamoci quelli al seguito di candidati e correnti politiche. E allora, come fanno quelli che non vogliono perdere il reddito di cittadinanza e accettano lavori in nero, con lo stesso slancio l’ex portavoce grillino si è inserito in gran segreto nella gestione della comunicazione politica di Mara Carfagna, attirandosi le ire della portavoce ufficiale del ministro per il Sud, Carlotta Sabatino, di fatto commissariata dal manager di Leonardo. Perché la partita è troppo ambiziosa e chi sta preparando il terreno per l’assalto frontale a Giorgia Meloni non vuole sbagliare alcuna mossa. D’altronde Rubei ha imparato da fuoriclasse, alla scuola di Monica Macchioni, guru della comunicazione politica per eccellenza, quella antecedente alle logiche dell’uno vale uno, che spaziava dal comunista Rizzo a Lorenzo Cesa, passando per Vittorio Sgarbi e che per la sua trasversalità nei rapporti, all’epoca, era considerata la donna più influente del Parlamento.

Poi l’allievo non ha seguito la maestra e ha scelto di lasciare la scuderia di Carpe Diem per elevare i beneficati del partito dell’Elevato Beppe Grillo. Così ha preso in mano la campagna elettorale di Virginia Raggi durante le comunali di Roma. La sua comunicazione agguerrita in perfetto stile macchioniano e la trovata di cambiare l’immagine grigia della candidata a favore di un abbigliamento più fresco e colorato portano la Raggi a vincere la kermesse e a sedersi sullo scranno più alto del Campidoglio. Seppure silurato dall’accentratore Rocco Casalino, che prende in mano le redini del carrozzone Raggi, i rapporti che il comunicatore riesce a tessere con il partito dei grillini, soprattutto i contatti stretti con Luigi Di Maio, gli consentono di salire man mano i gradini e gestire sia la campagna elettorale di Giggino per le Politiche del 2018 che la comunicazione per una serie di pentastellati del gruppo alla Camera. Tanto che nel governo Conte 1 è lo stesso Movimento che lo impone come portavoce dell’allora ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, in una sorta di commissariamento a una figura così osteggiata dai militari da essere riuscita a resistere alle polemiche grazie agli scudi sollevati contro le bordate dei giornali.

Nei corridoi della Difesa sussurrano che per capire fino in fondo la propensione al commissariamento e il carattere deciso del comunicatore basta ricordare una vicenda passata agli annali, quando, nel corso di un incontro istituzionale dove erano presenti anche i giornalisti, Rubei rivolse un rimbrotto severo e plateale contro il ministro, dicendo: “Questo non lo puoi dire, non è nel contratto di governo”. La rottura totale tra Rubei e la Trenta si consuma con il polverone sollevato dall’affare della casa della Difesa. E il portavoce non ci pensa due volte a mollare il ministro al proprio destino per sistemarsi nel ruolo più prestigioso di portavoce di Di Maio alla Farnesina, sia nei governi Conte che nella prima fase del governo Draghi.

Grazie alle amicizie coltivate con gli apparati più pesanti della Difesa, dove i dossier più caldi dell’epoca erano gli F35 americani e i fondi per la progettazione di nuovi aerei, ecco che arriva l’assunzione in Leonardo, il primo luglio 2021, nell’area Relazioni Internazionali riorganizzata dall’amministratore delegato Alessandro Profumo. Un ruolo troppo istituzionale e, sicuramente, meno esposto alle polemiche e ai polveroni politici, ai quali Rubei era abituato e che gli regalavano il brivido dello scontro sul ring della comunicazione. “Forse per nostalgia”, sostengono ai piani alti di Piazza Monte Grappa, il manager si è guardato attorno, ma le voci di dentro dicono che è stato chiamato affinché gestisca in gran segreto il percorso della ministra che diventerà la front woman del Terzo Polo e che, facendo leva sulla femminilità e su un modello di bellezza più in linea con l’immaginario collettivo, certamente potrà affrontare un scontro antitetico con la leader di Fratelli d’Italia, la quale sta puntando molto nella campagna elettorale sull’idea della prima donna premier del Paese. Se il partito della Meloni non dovesse raggiungere l’exploit indicato dai sondaggi e la coalizione di Calenda e Renzi segnerà un successo elettorale guadagnando una percentuale di consensi tale da aprire un dibattito sulla formazione del prossimo governo, ecco che la carta Carfagna verrà estratta dal mazzo e offerta a tavolino alla donna che vuole diventare premier.


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