Economia

L’INCUBO AMERICANO

di Cristiana Flaminio -


 

Il sogno americano? Un incubo per i lavoratori. Negli Stati Uniti continuano i licenziamenti di massa mentre l’onda lunga degli esuberi raggiunge anche l’Italia. Microsoft taglia 59 posti di lavoro in Italia, tra Roma e Milano. Lo ha anticipato Wired Italia: i licenziamenti potrebbero coinvolgere anche figure apicali della filiale italiana del colosso di Redmond. Sarebbero sedici i manager e dirigenti vicini all’addio. La gran parte degli esuberi sarebbe stata individuata a Milano, con 52 profili da eliminare. Molti di meno a Roma, dove sarebbero appena sette. A essere colpito dalla sforbiciata sarebbe il reparto vendite che impiega, nel nostro Paese, poco più di mille persone. La scelta rientrerebbe nel piano di riassetto della forza lavoro, “benedetto” dalla finanza in Borsa che avrebbe, come al solito, caldeggiato i licenziamenti facendo recuperare valore ai titoli quotati di Microsoft.

In Italia è arrivata l’eco della stagione di licenziamenti che sta attraversando gli Stati Uniti e sta caratterizzando questa fase economica del Paese nordamericano. Le ultime voci danno Walmart alle prese con ben 2mila esuberi. Si tratterebbe di lavoratori addetti allo smistamento e agli ordini online che potrebbero, presto, venir sostituiti da robot e intelligenza artificiale. Il tema dell’impatto dell’Ai sul mondo dell’impiego non è un caso di scuola né una fumosa astrazione filosofica ma una realtà con la quale gli Usa sembrano dover fare già i conti. Gli esuberi individuati sarebbero più di mille in Texas, ben seicento in Pennsylvania, 400 in Florida e 200 nel New Jersey. Ma potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Il management di quella che è tra le più grandi catene di distribuzione in tutta l’America del Nord sembra orientata a ottimizzare la pianta organica. In pratica, a sostituire sempre di più l’uomo con la macchina. Tanto coi robot quanto con gli algoritmi e le intelligenze artificiali. Non è certo una buona notizia per gli States.

Secondo il rapporto Challenger, infatti, solo a marzo hanno perduto il posto di lavoro poco meno di 90mila persone, per la precisione 89.703. Il trend presenta un aumento imbarazzante: +136 per cento rispetto al mese precedente. Ed è ancora nulla. Se si paragona il dato di marzo 2023 a quello di marzo 2022, il confronto è impietoso: i licenziamenti sono aumentati del 440%. Pesano i tagli dell’hitech ma anche il settore retail sta tagliando, insieme alle società finanziarie. Insomma, siamo di fronte a un cambio di passo più che a una crisi. Sta cambiando qualcosa, si sta ridimensionando l’offerta di lavoro e il segnale che lancia l’economia americana è di paura rispetto al futuro.

Altro che sogno americano, dunque: quello che si sta vivendo oggi è più vicino a un vero e proprio incubo. E la pretesa dei tycoon e dei manager alle prese coi tagli è quella di non farsi ricordare con rancore dai propri (ex) impiegati. Il paradosso, o la beffa, è che persino i “cacciatori di teste”, gli esperti che negli anni scorsi hanno sforbiciato aziende e imprese per ottimizzare i costi, sono stati licenziati anche loro. Adesso, a decidere chi resta e chi va via sarebbero (ancora una volta) i computer. Gli esuberi, in America, li decidono i big data. E a chi viene licenziato non resta nemmeno la consolazione di avere una faccia con la quale prendersela.


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