Politica

L’INGRANDIMENTO 

di Giovanni Vasso -


La sfida del premier: “è il momento della prima ad di un’azienda di stato”.
Bum. Le parole di Giorgia Meloni hanno l’effetto di una granata lanciata nelle stanze dei bottoni. “Voglio un amministratore delegato donna alla guida di una delle grandi società di Stato”. Ari-bum. Se la premier non parla per conquistarsi qualche titolone in prima pagina vuol dire che ha già un asso nella manica. Ha le idee chiare e sta già pensando a chi, e dove, piazzare la quota rosa che romperebbe il “tetto di cristallo”. Che non è tanto quello del patriarcato gretto e tenace nell’auto-conservarsi al potere, quanto quello del carosello dei soliti nomi, delle figure già note che fanno il giro delle aziende per poi tornare al punto di partenza. Il “tetto di cristallo”, che Meloni sembra voler sfondare (più in nome dello spoil system che del girl power), è quello dei rapporti consolidati, delle amicizie e degli equilibri nel capitalismo pubblico e privato italiano.
A oggi, la presenza femminile nelle grandi società di Stato è folta. Ma di ad, cioè di donne piazzate nei posti che contano, nemmeno l’ombra. È pieno di presidenti. C’è Lucia Calvosa, presidente Cda Eni in quota M5s, il cui mandato, in scadenza, con ogni probabilità non sarà rinnovato. C’è Marinella Soldi (nella foto), presidente Rai, la cui permanenza a viale Mazzini pare legata più che a quella dell’ad Carlo Fuortes, alla risoluzione dei nodi interni alla maggioranza di governo. C’è Valentina Bosetti, da maggio 2020 presidente Cda di Terna. C’è Bianca Maria Farina, che presiede il Cda di Poste già dal 2017. Barbara Marinali, in uscita da OpenFiber, da qualche settimana, è presidente del consiglio d’amministrazione di Acea, partecipata dal Comune di Roma. E c’è Francesca Isgrò, presidente Cda di Enav. Chi la sa lunga sussurra una sacrosanta verità: sono i marescialli, non i generali, a reggere le caserme. Traducendo da Radio Naja, i presidenti, di solito, contano poco. Chi “comanda” davvero è l’amministratore delegato. Che, rispetto al Cda, e al suo presidente, sta nella stessa posizione del premier rispetto al parlamento. Ne deve godere la fiducia ma chi decide è lui.
Finora, Meloni può già appuntarsi sul petto la prima presidenza al femminile della Cassazione, con il giudice Margherita Cassano e, dopo le dimissioni di Roberto Baldoni dall’Agenzia per la cybersicurezza, potrebbe portare alla direzione generale l’ex capo della Polizia postale, Nunzia Ciardi. Un ad donna sarebbe la ciliegina sulla torta. Ma Meloni non farà nomine solo per il gusto di un titolo di giornale ma con la precisa intenzione di cambiare la sala macchine del capitalismo di Stato italiano. Più che girl power, spoil system. Bum.

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