Lingua blu, Regioni al palo
L'Italia delle Regioni sembra non aver imparato nulla dopo 25 anni di questa malattia degli ovini
La vicenda del virus della “lingua blu” in questa calda estate è, ancora una volta, la storia di una inerzia: l’Italia in 25 anni non sembra aver imparato nulla dalle ondate ricorrenti di questa malattia degli ovini.
Lingua blu, i focolai in Italia
La scorsa settimana, sono stati superati gli 800 focolai, con un incremento del 22%. Le regioni con maggior concentrazione di focolai sono principalmente nel Centro Italia: Abruzzo (220 focolai, +41), Lazio (185, +30), Marche (95, +19), Umbria (99, +30). Altre regioni interessate includono Campania e altre 10 con focolai minori.
Due settimane fa, si sono registrate oltre 4mila morti di animali infetti solo in zone del Centro Italia. Nel Friuli Venezia Giulia, soprattutto nelle Valli del Natisone, e pure in Veneto nel Bellunese, la situazione è drammatica con decine di pecore morte e perfino la moria di 20 yak.
In un solo gregge del Cividalese sono avvenuti oltre 50 decessi di pecore in pochi giorni, con circa 100 capi ancora sintomatici. Dopo un periodo di relativa calma, in Sardegna è stato rilevato un nuovo focolaio nel Nuorese ad Onanì, con almeno 66 capi infetti e una pecora morta, mentre la dermatite nodulare contagiosa bovina sembra rallentare ma continua a preoccupare.
Vaccini e dintorni, territori allo sbando
Le campagne vaccinali sono in corso, ma con adesioni non sempre complete. Sardegna, Lombardia e Piemonte l’hanno reso obbligatoria o fortemente raccomandata contro i principali sierotipi circolanti. Vaccinazioni che sono riconosciute come lo strumento principale di prevenzione, anche se resta qualche polemica su costo e gestione.
Le vaccinazioni gratuite sono previste in alcune regioni mentre altrove il costo ricade sugli allevatori.
Laddove servisse ancora segnalarla, la spia di Regioni che evidenziano approcci e risultati contrastanti.
Lingua blu, Regioni indolenti
È ancora in vigore in alcune zone colpite il blocco della movimentazione del bestiame per contenere il virus, ma ciò genera proteste da parte degli allevatori, soprattutto per mancanza di ristori adeguati (finora, 150 euro a capo) e difficoltà economiche legate alla perdita degli animali e alla sospensione delle attività.
Una storia che registra come l’indolenza nella prevenzione e la mancanza di coperture vaccinali rapide hanno favorito la persistenza dell’epidemia.
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