Editoriale

L’IPOCRISIA DEI MIGLIORI

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


“Siamo in guerra”, abbiamo titolato ieri. E una guerra oggi non è soltanto il campo di battaglia. Cioè ormai la percezione, sempre più diffusa, che l’Ucraina sia solo il luogo dove il sangue scorre e dove la morte è autentica. Ma esiste un mondo più grande, che sta regolando dei conti antichi, che si sta dividendo in fazioni, che guarda questa guerra dall’alto e ne determina le mosse. E le mosse ci dicono che durerà a lungo, perché è una guerra ammantata di tanta ipocrisia. L’Europa per una quindicina di anni è stata alleata di Putin. Non Silvio Berlusconi, che certo fu uno dei precursori del nuovo asse verso Oriente dopo la caduta del Muro di Berlino. Tutti i leader dei principali Paesi dell’Unione, di destra e di sinistra, hanno costruito nei vent’anni che ci precedono uno schema di gioco, economico e politico, che vedeva Mosca sempre più vicina a Bruxelles e l’hanno fatto con Vladimir Putin, l’uomo che oggi è da tutti giustamente indicato come un leader barbaro, un guerrafondaio, un invasore, un sanguinario. Eppure era lo stesso Putin. Quello con cui trattavamo. Quello con cui concludevamo affari. Quello a cui abbiamo venduto una parte delle bellezze italiane private. Quello che con le sue auto di lusso, d’estate, senza essere visto, sfrecciava nei luoghi più belli d’Italia. Quello che ormeggiava yacht grandi come portaerei nei nostri porti più famosi. Eppure andava bene così. Il 24 febbraio dell’anno scorso è stato lui a invadere l’Ucraina. Ma dentro quel gesto c’è un mondo che stava cambiando e che noi abbiamo sottovalutato. Dentro quel gesto c’é anche la poca visione che l’Europa ebbe di lui, la poca visione che tutti noi abbiamo avuto di un mondo basato sulla globalizzazione e sul capitale che aveva un unico riferimento, gli Stati Uniti d’America, dopo la sconfitta dell’Unione Sovietica e la caduta del Muro di Berlino. Ed è proprio quello stesso mondo che oggi non sa darci una risposta alla domanda più banale: quando finirà questa guerra? Perché la parola pace è uscita dal dibattito pubblico? Perché la difesa dell’Ucraina, la nuova Resistenza per la democrazia, così come era stata venduta in Occidente all’inizio di questo conflitto, si è tramutata in una sempre più forte presenza degli eserciti in atto, pur non ancora sul campo, con armi sempre più devastanti, fino agli aerei che ora sono in procinto di essere consegnati a Kiev? Esiste dietro questa strategia, che non fa altro che innalzare il rischio che in un mondo fuori controllo questa guerra possa degenerare, qualcuno che davvero sta tentando in parallelo alla difesa dell’Ucraina una via di pace? Io credo che non esista. E credo che il manifesto che parte dall’Italia e che oggi noi pubblichiamo, su cui grandi economisti ed esperti di geopolitica stanno apponendo la propria firma, e che mostra una dimensione economica molto diversa come fondale di questa terrificante guerra, la dica lunga su quante bugie stiamo raccontando, la Nato in primis, l’Unione Europea subito dopo, su un devastante e prevedibile conflitto che rischia di allargarsi a livello mondiale. Io penso che nessuno si stia occupando della via diplomatica. E penso che questo non sia casuale. Noi stiamo entrando in un periodo lungo di guerra. Una guerra che per ora non ci tocca direttamente per quanto riguarda le armi, ma che ha già devastato il nostro modo di vivere, impoverito altri milioni di persone, messo l’Europa in uno stato di minorità. Nel nome di politiche portate avanti per decenni da quelli che consideriamo i padri del nostro continente, almeno in maniera moderna. E mentre lo scrivo penso a Schroeder e anche alla Merkel per la Germania, ad esempio. E così siamo finiti col perdere la strada cercando una verità diversa da quella della storia che avevamo scritto. Almeno in epoca moderna.

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