Esteri

l’Iran sospende la collaborazione con l’Aiea, siti nucleari off limits

Le decisione di Teheran per l'accesso ai siti nucleari

di Monica Mistretta -


L’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, avrà accesso ai siti nucleari iraniani solo previa approvazione del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale dell’Iran. È questo, in sintesi, il contenuto della legge approvata ieri dal presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Un provvedimento che implica il termine della cooperazione con l’organismo Onu, ma non il ritiro di Teheran dal Trattato di non proliferazione nucleare. Tuttavia, l’AIEA ha chiesto immediatamente ulteriori delucidazioni.

Pochi giorni fa l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri Kaja Kallas, in un messaggio su X, aveva ammonito le autorità iraniane: “Qualsiasi minaccia di ritirarsi dal Trattato di non proliferazione non aiuterà ad abbassare la tensione”. Un concetto che due giorni fa ha ripreso anche il presidente francese Macron nel corso della telefonata con Putin.

Sono in stallo i negoziati ufficiali di Teheran con gli Stati Uniti. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Aragchi, in un’intervista con la CBS News, ha dichiarato che non sono previsti incontri nell’immediato. Inoltre, ha fatto sapere l’Iran è pronto a riavviare il processo di arricchimento dell’uranio per recuperare il tempo perduto. Di contro, la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha parlato di costanti contatti diretti e indiretti tra rappresentanti iraniani e l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff. Il 7 luglio la questione del nucleare tornerà sul tavolo nel corso dell’incontro alla Casa Bianca tra Trump e Netanyahu. L’annuncio del termine della collaborazione con l’AIEA ha scatenato reazioni immediate in Israele. Il ministro degli Esteri Gideon Saar ha invitato l’Europa a riattivare immediatamente le sanzioni economiche cancellate in seguito all’accordo sul nucleare iraniano voluto da Obama nel 2015. L’accordo, cancellato da Trump, prevedeva una percentuale massima di arricchimento dell’uranio pari al 3,67%. Le ispezioni dell’AIEA, che hanno preceduto l’attacco militare israeliano, hanno rivelato l’esistenza di 408 chilogrammi di uranio arricchito al 60% presso il sito nucleare di Isfahan e tracce di uranio arricchito oltre l’80% nella centrale di Fordo.

La minaccia di nuove sanzioni è destinata ad avere un’eco profonda a Teheran. Lunedì il rial, moneta nazionale, ha perso un ulteriore 3%, aggravando la crisi economica strutturale. Da oltre un anno il Paese, che possiede la seconda più grande riserva di gas al mondo ed è il quarto produttore di petrolio, è paralizzato da continui blackout di energia elettrica, frutto di cattiva gestione e conseguenza di sanzioni internazionali che durano da decenni. I tassi elevati di inflazione e la povertà diffusa aggravano lo scenario politico, già sconvolto dall’ondata di arresti e dal ricorso sempre più frequente alla pena di morte. Le più colpite sono le minoranze curde e, naturalmente, la comunità ebraica iraniana di Shiraz, capro espiatorio di tutte le complicità con il Mossad. La televisione di stato manda in onda quotidianamente confessioni di tradimento in diretta, monito per gli spettatori più sensibili. A diversivo della tensione interna, i più grandi ayatollah in questi giorni decretano fatwa religiose di ogni genere, perfino contro Trump.
Era dal 1988, quando il governo di Teheran si trovò costretto, riluttante, ad accettare la pace con l’Iraq di Saddam Hussein, che non si respirava un clima così pesante. Nel Paese non manca chi scorge analogie tra la guerra appena conclusa e la celebre operazione americana condotta in Iraq nel 2003 in nome delle armi di distruzione di massa mai trovate nelle mani del dittatore iracheno.
I dissidenti iraniani che fanno a capo a Maryam Rajavi, le cui fila erano state decimate in Iran proprio durante la repressione del 1988, raccontano verità non dette a livello ufficiale. Per esempio, il fatto che nessun aereo militare abbia il permesso di decollare nel Paese e che perfino gli elicotteri abbiano bisogno del via libera di Israele per alzarsi in volo. Il controllo dei cieli, esercitato tramite mediatori americani, sarebbe totale. Ma lanciano anche un monito: “Se Teheran non troverà un’uscita, sceglierà la via del terrorismo”.


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