Esteri

L’Italia alle prese con un’Unione che è tale solo quando arma Kiev

di Adolfo Spezzaferro -


Il governo Meloni più che dover affrontare un’opposizione divisa e comunque debole perché deboli sono le argomentazioni rispetto ai problemi urgenti del Paese, deve fare i conti con una Unione europea sempre più divisa e lontana sui temi per l’appunto divisivi. Un tempo si parlava di Europa a due velocità, oggi è evidente che ci sono due Ue: quella allineata alla Nato, e che in modo compatto arma l’Ucraina di Zelensky contro la Russia di Putin, e quella che rispetto ai problemi interni non è in grado di trovare la quadra. Tanto che i Paesi membri si arrangiano da sé, con intese bilaterali o comunque che non hanno – perché non possono avere – l’adesione totale dei 27.

L’Italia, perennemente attenzionata da Bruxelles per via dei conti pubblici e ancora una volta abbandonata sul fronte dell’emergenza sbarchi, è in difficoltà per ottenere i fondi del Pnrr e quindi non può più di tanto tirare la corda sul tema migranti. Ma – mal comune mezzo gaudio – non è l’unico Paese ad avere problemi in tal senso. La Ue appare divisa come non mai. Al di là dei proclami e delle promesse – mancano i fatti – Bruxelles ancora una volta non è in grado oppure non vuole affrontare la gestione dei flussi migratori in maniera concertata e coordinata. E quindi l’Italia resta come sempre da sola alle prese con i continui sbarchi e il problema della redistribuzione. A questo si sommano i compiti a casa a quanto pare fatti male – sembra assurdo, viste le competenze dell’ex premier – dal governo Draghi sul fronte Pnrr. Risultato: è slittata la decisione della Commissione Ue sulla terza tranche all’Italia (di 19 miliardi).

È in questo scenario che deve muoversi l’esecutivo guidato dalla leader di Fdi, alle prese con la leader dell’Ue. Questo mentre giustamente i ministri del suo governo lamentano la distanza e il gelo di Bruxelles sulle questioni urgenti, sui temi caldi dell’Italia. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Salvini chiosa con un “Unione europea non pervenuta” la situazione sul fronte migranti. Il ministro dell’Economia Giorgetti invece solleva una questione più ampia è più delicata: la percezione della distanza delle istituzioni europee. “«Normalmente attorno al nostro Paese c’è un sentiment di prudenza o sfiducia anche da parte dell’istituzioni internazionali, che continuano a sottostimare le nostre potenzialità”, sottolinea intervenendo a “Italia genera futuro”. Il ministro spiega quindi che “le previsioni che normalmente fa il Mef, e che anche noi abbiamo fatto, sono molto prudenti sulla crescita e normalmente vengono superate dalla realtà e già questo è di buon auspicio”.
In questa fase, la von der Leyen, folgorata sulla via della Seta, ha scoperto che la Ue deve relazionarsi alla Cina, partner commerciale insostituibile, sganciandosi un minimo dagli Usa, secondo cui Pechino e Mosca in questa fase sono nemici con qui non si scende a patti. La presidente della Commissione Ue la settimana prossima, accompagnata dal presidente francese Macron, sarà proprio a Pechino. Dove “terrà una riunione trilaterale con il presidente cinese Xi Jinping e il presidente francese Emmanuel Macron, a Pechino, il prossimo giovedì”. Insieme da Xi ma divisi in casa Ue. Non solo pace in Ucraina, ma anche interscambio commerciale alla base della visita, con l’auspicio di recuperare terreno e non subire il peso schiacciante del dragone, gigante economico (e non solo) che si muove con velocità e destrezza nei nuovi mercati globali. Quelli del multipolarismo che non si riconosce più nella guida dell’Occidente. Ossia degli Stati Uniti.

Ma la strada è in salita, anche perché Bruxelles si muove quasi fuori tempo massimo. Intanto la presidente della Bce Christine Lagarde, l’altra donna con cui deve misurarsi la nostra premier, si cimenta in una lettura della crisi attuale con un approccio più da leader politico che da governatore centrale. In Europa “siamo passati da un lungo periodo di tassi bassi, inflazione bassa, forse troppo bassa, forniture garantite, quello era il ‘prima’, siamo passati da questo periodo di illusioni a un periodo che direi di resilienza”. Eccola l’immancabile parola-chiave, passpartout che vuol dire tutto e niente, “resilienza”, immortalata anche nel Pnrr. “Avevamo l’illusione della pace ed è esplosa la guerra. Avevamo l’illusione della buona salute e del controllo sul nostro destino, e poi la peggiore pandemia di tutti i tempi ci ha colpiti. Avevamo l’illusione dell’energia a basso costo e improvvisamente i prezzi dell’energia sono schizzati al rialzo”, spiega la Lagarde. “Quindi siamo passati da questo periodo di crisi permanente, con uno shock dopo l’altro senza precedenti alla resilienza. Non penso che dobbiamo essere negativi perché quando guardo a quello che siamo riusciti a fare è piuttosto fenomenale. Guardate all’energia: a febbraio 2022 tutti dicevano che ci sarebbe stato razionamento, una situazione terribile, che la chimica sarebbe rimasta bloccate, le fabbriche ferme. Invece in pochi mesi siamo riusciti a gestire, a trovare fonti alternative con gli americani, i norvegesi, il Medio Oriente. E quando ci siamo detti che era il nostro interesse collettivo risparmiare il 15% di energia abbiamo risparmiato il 20%. Quindi dovunque guardi siamo passati da una bella illusione in cui ci trovavamo a questa fase di resilienza, dove abbiamo dimostrato collettivamente forza – conclude la presidente della Bce – capacità di innovare e volontà di preservare l’Europa”.
Ora l’Europa deve rischiare di più. Muoversi da sola, difendendo i propri interessi e non facendo quelli degli Usa, gli unici a guadagnarci dalla guerra russo-ucraina.


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