Attualità

“L’Italia ha un ruolo chiave, ma se non interviene l’Europa si fa solo il gioco di Putin”

di Angelo Vitale -


di ANGELO VITOLO

“Il ribollire balcanico”. Era il titolo dell’intervento che Giorgio Fruscione, ricercatore del Balkan Desk dell’Europe and Global Governance Center di Ispi, avrebbe dovuto tenere a Venezia, in occasione di un convegno promosso dal Centro Studi Militari Marittimi sull’Adriatico tra Est e Ovest, linea di faglia o collettore. Titolo quanto mai profetico, alla luce di quanto avvenuto lunedì con gli scontri in Kosovo. La cronaca preme, dunque, il tema Balcani ritorna bruciante e mette in primo piano le attenzioni del nostro Paese per un’area che sulla cartina continua a rappresentare sconsolatamente Paesi candidati e potenziali candidati all’ingresso in Unione europea. E che ha sì lo stesso numero di abitanti dei Paesi Bassi, ma è stata un tempo scena di confronto tra le grandi potenze e ora vede l’Europa alle prese con un “enlargement fatigue”, un allargamento faticoso dei propri confini, che nell’area balcanica rimane sostanzialmente in stallo, pur se accompagnato da azioni di sostegno economico significativo.

Che ruolo gioca l’Italia in un contesto tradizionalmente complesso?

L’Italia continua a dare il suo supporto alla regione, nella quale ha interessi economici, culturali e politici. Un supporto sul campo, con la partecipazione del contingente militare italiano alla Missione Kfor, ma anche a livello diplomatico per intervenire sulle singole crisi, con un impulso che è venuto fin dall’autunno scorso con l’avvento del nuovo Governo. E’ un ruolo non scontato perché significativo nella promozione di un blocco di Paesi favorevoli all’integrazione, per contrastare quanti invece fanno valere sulle decisioni il potere di veto, come ha fatto la Bulgaria”.

Nella partita dell’area che si affaccia sull’Adriatico c’è un giocatore silente o quasi, la Russia.

Nell’area dell’Adriatico tutti i Paesi sono membri della Nato. Su essa, la Russia gioca un ruolo indiretto. Non militare e nemmeno diplomatico, ogni volta insinuandosi laddove si crea una instabilità politica. Peraltro, all’interno essa non ha un piede come 20 anni fa. Né particolari interessi economici da preservare”.

Comunque qualche interesse Mosca lo conserva ancora

Sì, soprattutto per quello che riguarda il settore energetico, anche se le sanzioni ridurranno sempre più la dipendenza di questi Paesi dagli approvvigionamenti che Mosca può garantire
E poi c’è anche il peso politico che il Paese di Putin può vantare, in particolare sulla Serbia

Non c’è dubbio, il soft power che la Russia esercita, in particolare su Belgrado, è un dato di fatto, come anche sulle zone a maggioranza serba.

Nei Balcani anche quella rotta iniziata nel 2015 e nei fatti mai sostanzialmente interrottasi con un fiume di profughi in cerca di una terra. All’inizio centinaia di migliaia, poi ridotti a decine di migliaia. I Balcani come limbo di un’Europa chiamata oggi ad intervenire.
La rotta dei migranti nei Balcani non troverà soluzione senza il concerto di tutti i Paesi interessati. E’ l’Europa nel suo complesso che deve intervenire con cognizione di causa.


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