Editoriale

L’Italia (in)felice

di Adolfo Spezzaferro -


L’Italia non è un Paese tanto felice. Lo dice una statistica pubblicata in occasione della Giornata internazionale della felicità, che si è celebrata ieri. Ormai in effetti il calendario è pieno zeppo di Giornate mondiali di…, c’è di tutto, impossibile stargli dietro. Questa della felicità però è una faccenda che ci interessa. Anche perché ci taglierebbe fuori. Posto che definire la felicità è un po’ come spiegare che cosa sia l’intelligenza – è tutto molto relativo, soggettivo -, il Belpaese a quanto pare “non è un Paese per felici”. Bello, ma infelice. Quindi, i Paesi felici sono brutti? La bellezza è negli occhi di chi guarda, si dice. Comunque, secondo il World Happiness Report, indagine sulla felicità nel mondo che ogni anno viene pubblicato in occasione della festività internazionale di cui sopra, il Paese più felice al mondo nel 2024 è la Finlandia. Dove, in effetti, negli ultimi 25 anni si è registrato un calo dei suicidi, prima molto più frequenti per via del combinato disposto delle lande desolate e ghiacciate per buona parte dell’anno et similia, immaginiamo. Però attenzione, è il quarto anno di seguito che la Finlandia sta lì in prima posizione nella classifica dei Paesi più felici. Quindi dobbiamo capire come viene “misurata” la felicità. Anche perché l’Italia è al 41esimo posto, con uno scivolone che l’ha spinta ancora più in basso nella classifica: l’anno scorso occupava la 33esima posizione. Al secondo posto si piazza la Danimarca, seguita da Islanda, Svezia, Israele, Olanda, Norvegia, Lussemburgo, Svizzera e Australia. Avete letto bene. Niente sole, mare e dieta mediterranea. Non sono questi gli ingredienti della felicità. E’ un puro caso – se non sospetto autolesionismo – quindi il fatto che molti dei cittadini di questi Paesi felici vengono a villeggiare nei Paesi mediterranei. Forse vorranno staccare dalla troppa felicità. Attenzione, poi, all’ultimo posto dell’elenco, che ha analizzato 143 Paesi in tutto il mondo, compare l’Afghanistan come già accaduto l’anno scorso e l’anno prima ancora.
A stilare l’elenco è l’istituto statunitense Gallup, che si è basato su una serie di sondaggi. La classifica tiene conto del prodotto interno lordo pro capite, dell’autovalutazione della soddisfazione di vita delle persone, del loro ambiente sociale e delle loro aspettative di vita in buona salute. Ma anche del sostegno sociale o dell’assenza di corruzione. Altro dato rilevante, felicità non fa rima con i grandi Paesi, molto popolosi. Nella top ten ci sono solamente due Paesi con più di 15 milioni di abitanti: l’Olanda e l’Australia. C’è però un elemento che la dice lunga. Lo scivolone della Germania, che passa dalla 16esima alla 24esima posizione e per la prima volta dalla pubblicazione del primo Report, avvenuta nel 2012, non è più tra i primi 20 Paesi più felici. Anche gli Stati Uniti sono scesi: 23esimo posto invece del 15esimo dell’ultima edizione (chissà se con Trump riacquisteranno un po’ di giuoia). Così come pure la Francia: 27esimo posto invece del 21esimo. E lì l’infelicità almeno in piazza è più che evidente.
Allora forse abbiamo capito che tipo di felicità viene misurata in questa classifica: posto che c’entrano soprattutto i soldi – che invece non dovrebbero dare la felicità, secondo l’antico adagio – determinante è il sentiment sulla percezione del futuro. La crisi economica dei Paesi occidentali meno ricchi o più indebitati in tal senso pesa come un macigno sulla sensazione di felicità. Noi però, noi mediterranei, noi italiani siamo “poveri ma belli”. E secondo noi – ma magari ci sbagliamo – pure felici. Alla vecchia maniera, però.


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