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Attualità

Lo scontrino è un boomerang: colpo di grazia all’alibi di Sempio

di Rita Cavallaro -


Il colpo di grazia sull’alibi di Andrea Sempio arriva da una persona vicina alla sua famiglia. Un supertestimone, la cui attendibilità è reputata da chi indaga “granitica” e che nei giorni scorsi si è presentato spontaneamente dai carabinieri di Milano, dopo oltre 17 anni da quel 4 ottobre 2008, quando il ragazzo fornì lo scontrino del parcheggio per dimostrare che, mentre Chiara Poggi veniva uccisa la mattina del 13 agosto 2007, lui fosse a Vigevano.

Quel ticket del parcheggio era crollato già alcuni mesi fa, quando la mamma di Sempio, Daniela Ferrari, si era sentita male davanti agli investigatori che le fecero il nome di Antonio, un amico pompiere, con il quale lei si era scambiata sms la mattina del delitto e che era in servizio a due minuti da quel parcheggio a pagamento dove era stato ritirato lo scontrino, che riporta come orario di inizio sosta 10.18.

Ora, a sostenere che quel ticket non l’abbia preso Sempio a Vigevano, come dimostrerebbero tra l’altro le celle telefoniche che piazzano l’amico di Marco Poggi a Garlasco, c’è un nuovo testimone, che non solo avrebbe raccontato la circostanza nei dettagli, ma che sarebbe considerato attendibile perché, a sostegno del suo racconto, ha fornito documentazione ritenuta valida, tanto che gli atti sono stati trasmessi dagli uomini comandati dal colonnello Antonio Coppola alla Procura di Pavia, coordinata da Fabio Napoleone, che sta completando l’impianto accusatorio contro Sempio.

La nuova testimonianza sull’alibi di Sempio aggrava la posizione dell’indagato

La nuova testimonianza aggrava dunque la posizione dell’indagato in concorso per il delitto di Chiara Poggi, perché quello scontrino diventa un enorme boomerang, visto che, come sentenzia la Cassazione, fornire un alibi falso è un grave indizio di colpevolezza. E Sempio, finito nuovamente nel terremoto dopo settimane in cui la sua famiglia è sotto pressione per il fiume di denaro contante al centro della nuova inchiesta della Procura di Brescia, che accusa l’ex pm Mario Venditti di essersi fatto corrompere per archiviare Sempio nel 2017, adesso tenta di difendersi.

“Quello scontrino l’ho preso io”, assicura in una lunga intervista a Chi l’ha visto?, per rispondere alla misteriosa persona attorno alla sfera familiare, che sostiene il contrario. “Certo che l’ho preso io”, ribadisce il 37enne. “Sarebbe stato meglio che, se avessero avuto dei sospetti su di me all’epoca“, sottolinea, “avessero cercato se nelle telecamere in piazza a Vigevano c’erano delle riprese su di me. Lo scontrino me l’hanno chiesto un anno dopo e probabilmente non c’erano più i video”.

Per il nuovo avvocato Liborio Cataliotti, che difende Sempio insieme ad Angela Taccia dopo l’uscita di scena di Massimo Lovati, quello scontrino del parcheggio “nella migliore delle ipotesi” e “nella prospettiva dell’accusa” vale “pochissimo”. Cataliotti, tornando a ribadire che la difesa dell’indagato commenterà solo “atti processuali” e non indiscrezioni sui media, aggiunge però che per “la Cassazione” anche “l’alibi mancato è solo un indizio e non una prova”. Nonostante tutto, secondo il penalista, il ticket della sosta di Vigevano “è improprio definirlo alibi”, perché venne esibito quando “Andrea Sempio non era nemmeno indagato”.

Al pool difensivo si aggiunge la genetista Marina Baldi

Cataliotti ha poi voluto aggiungere che “l’esperienza mi insegna che talvolta il fatto che trasudino mediaticamente notizie riservate sia una scelta processuale fatta da chi dispone dell’atto segreto per misurare le reazioni. Da parte mia e dell’avvocato Taccia non ce ne saranno”. Il pool della difesa, che da ieri si è arricchito della collaborazione della genetista Marina Baldi, sta elaborando le prossime mosse in vista dell’incidente probatorio, che si concluderà il 18 dicembre, quando il perito Denise Albani depositerà le conclusioni sul Dna sotto le unghie di Chiara, un profilo genetico compatibile, per i consulenti della Procura e per quelli di Alberto Stasi, con il codice genetico del 37enne.

Intanto c’è la conferma che la difesa di Sempio non ha chiesto il trasferimento a Brescia del fascicolo sul delitto di Garlasco perché “il giudice naturale di questo processo è Pavia e noi non vogliamo sottrarci dal giudizio a Pavia”, ha chiarito Cataliotti. “Non c’è nessuna volontà di trovare un escamotage per sottrarci”, garantisce l’avvocato, secondo il quale non ci sono le condizioni giuridiche per sollevare un’eccezione di competenza e “fra l’altro il curriculum del procuratore capo” di Pavia Fabio Napoleone “parla da sé, un fior di magistrato integerrimo, datemi un motivo al mondo per cui sottrarmi, salvo che il codice me lo imponesse”.


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