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Lo sport come forza di unione: valori, sfide e simboli in un mondo diviso

di Laura Tecce -


Lo sport è molto più di una semplice competizione o di un momento esclusivamente ricreativo, è un’occasione per coltivare valori importanti e un linguaggio universale che supera confini geografici, culturali e politici. Dalla pratica amatoriale al grande evento internazionale, l’attività sportiva ha la capacità di unire persone diverse in nome di valori condivisi come il rispetto, la lealtà, la collaborazione e la solidarietà. Proprio per questo, lo sport può diventare strumento potente nella promozione della pace. E porta un forte messaggio di pace, in un momento in cui ai confini dell’Europa si combattono due guerre, la torcia olimpica di Milano Cortina 2026. Custode della Fiamma che gli antichi greci credevano fosse stata rubata agli dei e donata agli uomini da Prometeo, per il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che lo scorso 14 aprile l’ha presentata all’Expo di Osaka, simboleggia la speranza di “vedere arrivare la luce a Mosca e a Kiev, a Tel Aviv e a Gaza”. Un simbolo universale di unità, rispetto e fratellanza, dal tratto essenziale, proprio come il suo nome, “Essential”. Lo stesso Papa Francesco, durante i dodici anni del suo pontificato, ha parlato spesso dello sport come scuola di vita e veicolo di valori positivi, sottolineando in molti suoi discorsi come lo sport aiuti a “superare se stessi” e a costruire ponti tra le persone, anche quelle di culture e religioni diverse. “Lo sport è una strada per la pace. Promuove l’incontro e il dialogo tra popoli e culture diverse”, così il Santo Padre nell’udienza ai partecipanti al primo Incontro mondiale “Sport e Fede” nell’ottobre 2016. E tre anni prima, con una risoluzione adottata il 23 agosto 2013, anche l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto il ruolo dello sport in tal senso, proclamando il 6 aprile la Giornata internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace. Nel corso della storia, a partire dal caso più emblematico, la ἐκεχερία – la tregua olimpica – per cui tutte le città erano tenute a garantire l’accesso alle Olimpiadi agli atleti e agli spettatori anche se appartenenti a quelle rivali con cui erano in guerra, sono numerosi gli esempi in cui lo sport ha contribuito a creare ponti tra nazioni in conflitto o a favorire processi di riconciliazione. Basti pensare alla famosa partita di ping-pong tra Stati Uniti e Cina nel 1971 che segnò un primo passo verso il disgelo tra i due Paesi, oppure alle Olimpiadi di Londra del 2012, dove atleti provenienti da nazioni in guerra si sono ritrovati a gareggiare pacificamente sotto gli stessi colori olimpici. Aveva indubbiamente ragione Nelson Mandela quando affermava che “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo, di unire le persone, ispirare e motivare”, tuttavia, affinché lo sport possa davvero essere veicolo di pace, è necessario proteggerne l’integrità e i valori fondanti. Doping, razzismo negli stadi, violenza tra tifoserie o corruzione nel mondo sportivo sono fenomeni che vanno combattuti con fermezza. Solo uno sport pulito e inclusivo può diventare davvero uno strumento di pace duraturo. In un mondo spesso diviso da conflitti e disuguaglianze, lo sport ci ricorda che siamo tutti parte della stessa gara: quella per un futuro più giusto, equo e pacifico.


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