Politica

L’omaggio leghista al Re Umberto, la solitudine di Letta e quei “peones” persi a Montecitorio

di Eleonora Ciaffoloni -




“Sarà un’aula sorda e grigia” aveva detto ieri di prima mattina Vittorio Sgarbi, descrivendo quella che sarebbe stata – senza di lui – l’aula del Parlamento. Un po’ aveva ragione: la giornata di ieri a Roma ha visto grigiore e pioggia fin dalle prime luci del mattino e anche i nuovi eletti hanno risentito del clima cupo offerto dalla capitale, lo stesso clima che sembrava aleggiare nelle due aule durante il primo scrutinio di votazioni. Al posto dei saluti incoraggianti, delle pacche sulle spalle e dei sorrisi, negli emicicli di Montecitorio e Palazzo Madama abbiamo assistito a facce seriose, sguardi cupi e frecciatine più o meno esplicite. In Senato ad aprire la giornata di votazione, le parole di Liliana Segre che, con le citazioni della marcia su Roma, delle feste comandate del 25 aprile e del primo maggio, fino ad arrivare ai saluti a Papa Francesco e Mattarella, ha creato più scompiglio della mantellina verde di Rita dalla Chiesa e degli stivali del deputato Soumaoro alla Camera. E se da un lato l’elezione di Ignazio La Russa poteva sembrare scontata, non lo sono di certo stati i senatori in aula, soprattutto quelli di Forza Italia che sono entrati in emiciclo con tutte le ingerenze degli ultimi giorni di trattative. Silvio Berlusconi, tornato in presenza dopo diverso tempo – Renzi ha detto di non averlo più visto da quando era Presidente del Consiglio – aveva definito “sereno” il confronto avuto con Fratelli D’Italia prima del voto. Ma non si può definire allo stesso modo il faccia a faccia che lo ha visto protagonista insieme a La Russa: prima del voto, l’esponente Fdi si è avvicinato al Cavaliere seduto ai banchi e dopo un breve scambio di battute, l’ex premier ha sbattuto il pugno sul banco con un gesto di stizza e ha rivolto a La Russa un ‘vistoso’ insulto che lo invitava a recarsi altrove. Poi il Cavaliere, sorprendendo i presenti rispetto alla posizione presa dal partito, si è recato all’urna per la votazione alla seconda chiama, ricevendo applausi dai banchi di Fratelli d’Italia, tanto frastornanti da fargli perdere la bussola sbagliando l’uscita dalla cabina verso il catafalco. Sempre in casa azzurra, non è passato inosservato il non scambio di occhiate tra Licia Ronzulli e l’ex forzista Mariastella Gelmini: le due, distanti di pochi centimetri e divise da un caffè, non si sono degnate di uno sguardo. Sarà che quel “Vai a piangere e prenditi uno Xanax” è ancora vivido alle orecchie dell’ex ministro. Nel frattempo alla Camera, ancora senza un Presidente eletto, si è fata melina in attesa dei risultati del Senato. Tra i tanti volti, i più spaesati sono quelli dei nuovi arrivati, i in cui risalta senza dubbio la consorte del Cavaliere, Marta Fascina, che mesta risponde alle rimbalzanti domande sulla situazione a Palazzo Madama di cui dice di non sapere niente. Tuttavia, la protagonista di giornata che molti aspettavano era la premier in pectore Giorgia Meloni, arrivata a Montecitorio in tailleur nero e coda di cavallo. Simpatico e forse a tratti imbarazzato il breve scambio registrato con Enrico Letta: invece che parlare del meteo, hanno parlato di malanni di stagione e la Meloni ha confessato un mal di gola. Ma il vero protagonista alla Camera è stato lo storico fondatore della Lega Umberto Bossi che è stato accolto con affetto non solo dai leghisti, ma anche da Giulio Tremonti che è entrato con lui in buvette. Se al Senato il lavoro è finito, al Montecitorio si ritroveranno tutti domani, pronti con schede e nuovi nomi per eleggere la terza carica dello Stato.


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