Attualità

“Luce della salvezza”: il richiamo del Papa per la Festa della Candelora

di Andrea Canali -


Il Papa ha concluso la preghiera dell’Angelus di Domenica scorsa invocando Maria, “madre purissima”: il 2 febbraio, infatti, ricorre la giornata della Candelora; a tal proposito, la tradizione potrebbe accostarsi all’antesignana festa in cui, nelle chiese, era consueto portare delle candele accese. Storicamente affonda le sue radici nella leggenda vigente nell’antica Roma della Dea Febris (da cui febbre e febbraio): si trattava, indicativamente, di preghiere per evitare l’eventuale malattia o auspicarne la guarigione, appunto del fuoco purificatore. Entrando nel merito del messaggio del Santo Padre di domenica scorsa, commentando il Vangelo della presentazione di Gesù al Tempio a tal fine il Pontefice dichiara: “Come sole che sorge sul mondo, questo bambino lo riscatterà dalle tenebre del male, del dolore e della morte”. Tale dirompente riflessione non può passare inosservata nella società violenta nella quale stiamo vivendo dove non sembrerebbe esserci spazio per la tenerezza e per il messaggio salvifico del Nazareno. Infatti i rapporti umani oggi sono divenuti molto complessi e distaccati, se non addirittura liquidi. Quindi, a tal proposito, Francesco, partendo da questa riflessione, dai tre modi che Simeone utilizza per definire Gesù mentre lo ha in braccio all’interno del Tempio di Gerusalemme ci ricorda che: “Gesù è la salvezza; Gesù è la luce; Gesù è segno di contraddizione”. Il Vangelo del giorno riferisce di Maria e Giuseppe che, secondo la Legge, presentano Gesù nella casa di Dio “per ricordare che la vita viene dal Signore”. Mentre la Santa Famiglia “compie ciò che nel popolo d’Israele si faceva sempre, di generazione in generazione”, succede, evidenzia il Papa, “qualcosa che non era accaduto mai”. Le “voci commosse” degli anziani Simeone e Anna “risuonano tra le vecchie pietre del Tempio”, mentre profetizzano riguardo a Gesù, parlando del bambino “a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Pertanto il monito è che Dio è presente in mezzo al suo popolo: non perché abiti tra quattro mura, ma perché vive come uomo tra gli uomini. È questa la novità di Gesù.
Il vero significato si potrebbe affermare è che vi è un nuovo messaggio sicuramente dirompente che va a recare stupore in Maria e Giuseppe, ovviamente per le cose che sentono a proposito di Gesù, definito appunto “salvezza”, “luce” e “segno di contraddizione”. Simeone, pregando Dio, dice: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli”. Quindi questo avvenimento ci lascia meravigliati: la salvezza universale concentrata in uno solo! Sì, perché in Gesù abita tutta la pienezza di Dio, del suo Amore. Inoltre altro aspetto edificante e che sembra proprio necessario in questo momento storico riguarda l’aspetto sempre di Gesù, che è “luce per illuminare le genti infatti: “Come sole che sorge sul mondo, questo bambino lo riscatterà dalle tenebre del male, del dolore e della morte. Quanto abbiamo bisogno, anche oggi, di luce, di questa luce! Infine, il bambino abbracciato da Simeone è “segno di contraddizione affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. Gesù rivela il criterio per giudicare tutta la storia e il suo dramma, e anche la vita di ognuno di noi. E qual è questo criterio? È l’amore: chi ama vive, chi odia muore. Il Papa si affaccia dalla consueta finestra del Palazzo Apostolico dove Francesco, rivolgendosi alla folla di fedeli in piazza San Pietro, ha chiesto: “Illuminati da questo incontro con Gesù, possiamo allora chiederci: io che cosa attendo nella mia vita? Qual è la mia grande speranza? Il mio cuore desidera vedere il volto del Signore? Aspetto la manifestazione del suo disegno di salvezza per l’umanità?” Quindi il mondo potrà essere salvato solo se vi sarà, soprattutto da parte dei potenti della terra, l’abbraccio dei sempiterni valori salvifici del Nazareno e del Vangelo. Essendo l’amore il sentimento supremo per antonomasia, per ogni individuo e in ogni epoca, concludiamo con le parole del poeta Virgilio il quale affermava: Amor omnia vincit.

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