Esteri

“L’Ucraina non può vincere la guerra. Attenti a un nuovo Muro di Berlino”

di Edoardo Sirignano -

MARCO BERTOLINI GENERALE


“L’Ucraina non può vincere la guerra a meno di un intervento diretto della Nato”. A ribadirlo il generale Marco Bertolini.
Quanto durerà il conflitto?
Una guerra può finire per esaurimento di uno dei due belligeranti o per negoziato, ovvero nel trovare un accordo per entrambi in modo che possano interrompere le ostilità salvaguardando i propri interessi vitali in cambio di qualche rinuncia, in questo caso territoriale per l’Ucraina.
È praticabile questa strada?
Difficilmente perché non desiderata dall’Occidente che ha detto chiaro e tondo di volere la sconfitta della Russia. Come se non bastasse, Zelensky ha proibito per legge ogni negoziato con Putin. In campo avverso, è chiaro che Mosca combatte per obiettivi che considera irrinunciabili, come l’agibilità nel Mar Nero con la sua flotta basata in Crimea e il collegamento con il resto dell’Europa, che verrebbe meno se l’Ucraina entrasse nella Nato. Non sembra disponibile, quindi, a desistere, e questo parrebbe confermato dai toni usati negli interventi, nei quali adombra un vero e proprio scontro di civiltà per salvaguardare una multipolarità messa a rischio dalla spinta globalista statunitense.
Sembra restare solo la strada della vittoria sul campo da parte di uno dei due belligeranti…
Condizione che considero una maledizione perché destinata a riproporre un nuovo Muro di Berlino a dividere il nostro continente, per chissà quanto tempo. E se questo può essere indifferente, o addirittura vantaggioso, per gli Usa, non lo è per noi che ci eravamo abituati al vantaggio di rapporti distesi con il grande mercato russo e al clima di reciproca fiducia che si era instaurato.
Guardando alla situazione sul campo, chi potrebbe spuntarla?
La Russia mantiene l’iniziativa tattica e pare in grado di procedere, magari dopo un ulteriore afflusso di riserve, fino all’occupazione di tutto l’Oblast di Donetsk, concludendo così l’occupazione del Donbass. Questo le consentirebbe di dichiarare la fine unilaterale delle operazioni, ma è poco probabile che gli Usa, la Nato e l’Ue, accetterebbero la sostanziale sconfitta che deriverebbe per loro, dopo l’investimento fatto con le sanzioni e l’invio di armi a Kiev. Resta, pertanto, la prospettiva di una lunga guerra, un Afghanistan europeo, con migliaia di morti sul campo e nel quale ci sveniamo per sostenere l’Ucraina, impoverendoci sempre più. Detto questo, penso che l’auspicabile fine della guerra in Ucraina non esaurisca il problema.
A cosa fa riferimento?
Ci sono altre aree di tensione che sembrano pronte a inserirsi in gioco a partire dalla Transnistria con l’enorme deposito di munizioni russo che fa molta gola a Kiev, al Baltico che ripropone lo stesso scenario inaccettabile per ragioni strategiche dalla Russia con la sua flotta di Kaliningrad, fino alla Georgia e al Nagorno Karabak dove gli interessi russi e turchi sono di segno opposto. E poi abbiamo i Balcani, la Siria, il Sahel e la Libia nei quali russi e altri si confrontano da tempo.
A suo parere Zelensky può vincere?
Non credo che l’Ucraina possa vincere a meno di un intervento diretto della Nato, non limitato alla fornitura di armi e di intelligence, cosa che va avanti da molto prima del 24 febbraio scorso. A meno di una guerra aperta Russia-Nato non credo che Zelensky abbia chances. In questo caso, però, sarebbe difficile una conclusione del conflitto per sconfitta della Russia che, trattandosi di una potenza nucleare, si sentirebbe giustificata a dare il via ad una escalation che ci coinvolgerebbe tutti.
Qualcuno sostiene che i carri armati Leopard saranno l’ago della bilancia. È d’accordo?
Il fattore tempo è importante. L’arrivo dei carri armati occidentali potrebbe portare a qualche cambiamento sul campo, anche se non credo sianno sufficienti a ribaltare il vantaggio russo.
L’Europa continua a mandare armamenti a Kiev. Non si rischia, però, di restare con i depositi vuoti o meglio senza difese…
Questo è vero ed è riconosciuto dalle stesse autorità Nato e dell’Ue. Per decenni abbiamo lasciato che le nostre scorte di munizionamento si riducessero, mentre la componente corazzata e l’artiglieria, fondamentali per le forze terrestri, subivano tagli notevoli. In tutti i paesi e in Italia in particolare, si era imposta l’illusione che la fastidiosa costante della guerra non ci riguardasse, quasi che la profezia di Fukuyama sulla “fine della storia” fosse veramente tale. Ci faceva comodo pensare che l’art.11 della Costituzione che ripudia la guerra fosse riuscito ad abolirla per “decreto”, cosa che non è. Pensavamo, insomma, che le Forze Armate servissero per le cosiddette “operazioni di pace” o per guerre a bassa intensità, contro avversari non strutturati come gli eserciti moderni. Da questa idea è conseguito il taglio del personale e la riduzione di strumenti, come le armi, che sono uno dei principali presidi della sovranità.
Le truppe ucraine vogliono anche la Crimea. Ciò potrebbe prolungare le ostilità?
La Crimea è irrinunciabile per Mosca, sia per il fatto che è abitata da una maggioranza russa, sia perché è sede della flotta del Mar Nero senza la quale la Russia sparirebbe dal Mediterraneo. Per questo qui si corrono i rischi più grossi. Putin non potrà rinunciarci senza aver provato tutto. E per una potenza nucleare, “tutto” ha un significato sinistro.
La Russia utilizzerà davvero l’ordigno nucleare, qualora dovesse esserne costretta?
Non credo ne abbia l’interesse, una escalation nucleare si svilupperebbe soprattutto sul territorio europeo e la Russia non potrebbe uscirne indenne.
La Cina può svolgere il ruolo del mediatore?
Ci hanno provato in tanti, a partire dalla Turchia che ha confermato di essere un grande paese a suo agio nel giocare anche fuori dagli schemi che gli sarebbero imposti dall’appartenenza alla Nato. Non ci è riuscita per i motivi a cui prima facevo riferimento. Quanto alla Cina, è parte in causa perchè non è nel suo interesse l’impoverimento dell’Europa alla quale punta con la sua via della seta e, al tempo stesso, non può che temere una sconfitta della Russia che la indebolirebbe nel suo braccio di ferro con gli Usa per Taiwan. Speriamo che riesca ad ottenere qualcosa, ma senza farci illusioni.Come giudica la posizione dell’Italia e del governo Meloni?
L’Italia ha pochissimo spazio di manovra, così come il governo Meloni, sotto tiro da parte della sinistra italiana e anche da parte di Ue e Nato che guardano con i sospetto un esecutivo di centrodestra in un paese che non è uno dei tanti, per la sua posizione geografica e non solo. Difficile, quindi, prendere le distanze da misure che si dimostrano “obbligatorie” anche per nazioni più potenti di noi e tutt’altro che entusiaste delle prospettive in atto, come la Francia e la Germania, quest’ultima addirittura privata di un collegamento energetico con la Russia (il Nord Stream), essenziale per la sua affermazione quale potenza economica. Detto ciò, ritengo che già dall’inizio della operazione/guerra, col precedente governo, avremmo dovuto giocare un ruolo di ricucitura tra i due principali belligeranti, in linea con una tradizione consolidata. Saremmo dovuti essere al fianco della Turchia, paese Nato, ma evidentemente molto più indipendente e intraprendente. C’erano degli illustri precedenti che potevano farlo sperare, come il ritorno di Berlusconi, protagonista di importanti riavvicinamenti tra Occidente, Russia e Nord Africa. Ma per far questo ci vuole una libertà di manovra, che non ci è concessa.


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