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L’Università accusa: “4 mila morti in più in Veneto per i Pfas”

di Ivano Tolettini -


Un dato choc, che deve per forza di cose far molto riflettere. Quasi quattromila morti in più di quelli attesi secondo le statistiche nei trenta Comuni veneti compresi nella cosiddetta fascia rossa a causa dei Pfas, i veleni rilasciati attraverso il plume per decenni dalla fabbrica Miteni di Trissino, che produceva le sostanze utilizzate non solo nell’industria tessile, ma anche per la produzione di tegami e in numerose altre applicazioni industriali. Lo sostiene uno studio dell’Università di Padova, coordinato dal prof. Annibale Biggeri e dal suo team di esperti della facoltà di Statistica, pubblicato dalla rivista scientifica “Environmental Health”, che ha analizzato la mortalità nei 34 anni compresi tra il 1985 e il 2018 mettendo in luce il devastante impatto delle sostanze perfluoroalchiliche (Pfoa) e polifluoroalchiliche (Pfos) sulla salute pubblica. “È come se fosse sparito un Comune di piccole dimensioni – spiega ai cronisti il prof. Biggeri, che ha condotto lo studio con il Registro tumori dell’Emilia-Romagna e il Servizio statistico dell’Istituto superiore di sanità -. Le date non sono casuali perché l’Arpav ha stabilito che dal 1984 sono cominciati gli sversamenti di Pfas nelle falde acquifere del Vicentino dallo stabilimento Miteni di Trissino”. In particolare lo studio scientifico proverebbe una correlazione tra malattie cardiovascolari e tumorali a causa della contaminazione dell’acqua e degli alimenti da parte delle sostanze chimiche rilasciate dalla fabbrica della morte per la quale è in corso in Corte d’Assise a Vicenza un maxiprocesso che dura da oltre due anni contro i 15 manager e amministratori delle gestioni Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation che si sono succeduti nel tempo e che sono accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale e reati fallimentari perché la società – che continua a inquinare perché la fuoriuscita di Pfas non è ancora stata del tutto bloccata – è stata dichiara insolvente dal tribunale di Vicenza nel 2018. Dai dati emersi dalla ricerca, scaturisce che ci sono stati 3.890 decessi in più di quelli attesi e “siamo stati molto prudenziali”, analizza Biggeri.
Il team di Biggeri ha dunque trovato “prove di un aumento della mortalità per le malattie cardiovascolari e quelle tumorali maligne, tra cui il cancro del rene e ai testicoli. Per la prima volta – prosegue il docente padovano – è stata dimostrata un’associazione causale tra l’esposizione ai Pfas e un rischio elevato di morte per malattie cardiovascolari”: E come sottolinea Biggeri a essere più colpiti sono le fasce giovanili. Da ricordare che sono 350 mila gli abitanti delle province di Vicenza, Padova e Verona esposti al rischio Pfas, gli inquinanti eterni. In quest’area è stata catalogata un’area rossa “A” perché è maggiore la concentrazione di Pfas nell’acqua potabile e in quelle superficiali e sotterranee, e un’area rossa “B” dove la contaminazione delle acque è minore. Nell’area rossa A sono compresi otto Comuni vicentini (Alonte, Asigliano Veneto, Brendola, Lonigo, Sarego, Noventa Vicentina, Orgiano e Pojana Maggiore), uno padovano (Montagnana), e quattro veronesi (Cologna Veneta, Pressana, Roveredo di Guà e Zimella). Altri diciassette municipi sono compresi nell’area rossa B.
“Queste drammatiche evidenze scientifiche mettono in luce – dicono a gran voce le Mamme No Pfas, che raccolgono tantissime persone tra le provinc e di Vicenza, verona e Padova – che non esistono più scuse per ritardare ulteriormente l’avvio dello studio di coorte, deliberato dalla Regione Veneto ancora nel 2016, ma che purtroppo non è mai iniziato. Il piano di sorveglianza sanitaria non basta perché ha metodi e obiettivi diversi. Mentre lo studio di coorte è decisivo poiché consente di valorizzare l’analisi a lungo termine, l’identificazione dei fattori di rischio, la quantificazione delle informazioni per le politiche della salute pubblica”. La circostanza importante dell’indagine dell’Università di Padova è che “aumenta il rischio di insorgenza di malattie tumorali al diminuire dell’età, dunque la popolazione più giovane, esposta ai Pfas già dall’infanzia, è quella che paga il prezzo più alto”.


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