Attualità

Lutti, successi e battaglie I Marzotto

di Ivano Tolettini -


Lutti, successi e battaglie finanziarie su un articolato impero industriale, come quello dei Marzotto di Valdagno, che ha ancora un peso nel panorama del capitalismo familiare italiano: dal tessile al settore del vetro; dal meccanotessile a quello vitivinicolo e alla finanza, senza tralasciare un caposaldo che dagli anni Ottanta è in cima ai pensieri di una parte della famiglia: la tedesca Hugo Boss, che quest’anno sfiorerà i 3 miliardi di euro di ricavi, grazie alla cura di Daniel Grieder, con un margine operativo lordo calcolato nel solo primo trimestre di 228 milioni. A proposito di lutti sono settimane tristi per una delle dinastie imprenditoriali più blasonate d’Italia. Giunta alla settima generazione, nel giro di poche settimane hanno dovuto salutare tre componenti della sesta generazione, i fratelli Andrea e Rosanna Donà dalle Rose, rispettivamente di 76 e 72 anni, figli di Italia Marzotto e di Leonardo Donà dalle Rose, fondatore di Porto Rotondo, preceduti a luglio dalla scomparsa della più giovane cugina Margherita, primogenita del conte Giannino. Che con le sorelle Cristina, Maria Rosaria e il cognato Ferdinando Businaro, ha operato trasversalmente nell’azionariato di una conglomerata che ha sempre avuto un’attenzione particolare per la dimensione sociale d’impresa e le ricadute sul territorio.
Su una cosa Pietro Marzotto, che per quasi trent’anni tenne con polso fermo le redini della famiglia che all’epoca si riconosceva soprattutto nel tessile e nell’abbigliamento di Valdagno, riportandolo a livelli di leadership mondiale, aveva ragione. “La nostra è una famiglia che purtroppo si è frantumata”, confidava al cronista pochi mesi prima di morire nell’aprile 2018. Dove il cavallo di razza Pietro però si sbagliava, è che la sesta generazione non sarebbe stata in grado di rinverdire le gloriose gesta del passato. Perché non immaginava, ad esempio, che la sola Santa Margherita, azienda vitivinicola di Portogruaro presieduta da Gaetano Marzotto, figlio di Vittorio Emanuele, e controllata dal gruppo Zignago Holding, al vertice della quale c’è il fratello Stefano, diventasse un player internazionale del settore da quasi 250 milioni con un’ebitda del 30%. Uno scrigno inserita in un complesso di cui il cinquantenne Luca Marzotto, fratello di Gaetano e Stefano, e che assomiglia molto allo zio Pietro per la sua capacità di visione, è l’amministratore delegato del gruppo Zignago che cuba ormai 1 miliardo di euro con un’ebitda di 200 milioni. La sola Zignago Vetro, fondata ancora da Gaetano Marzotto jr nel Dopoguerra, presieduta da Nicolò Marzotto, oggi capitalizza 1,3 miliardi.
La morte di Andrea e Rosanna Donà Dalle Rose, quest’ultima sposata con Antonio Puri Purini, ex consigliere diplomatico di Carlo Azelio Ciampi, ha rimesso in moto i giochi per il controllo del Gruppo Marzotto 1836, che a sua volta controlla una ragnatela di aziende in Italia e all’estero, perché i due fratelli, con la sorella Isabella, erano il nocciolo forte attraverso i veicoli societari Trenora (dal nome dello storico panfilo di Gaetano jr) e Wizard, con la cassaforte Manifatture Internazionali. L’architetto finanziario è il presidente Antonio Favrin, l’altro socio forte con la finanziaria Faber Five, che in questi giorni sta incontrando i vari rami familiari. L’ingegnere 84enne cresciuto con i Marzotto prima alla Zignago e poi a Valdagno dal 2001, e che ha issato alla guida il figlio Davide – mentre l’altra figlia Federica è nel Cda con Donatella Ratti, il cattedratico Andrea Guaccero, Vittorio Marzotto (fratello di Matteo) e Federico Torresi – vuole comprendere se il gruppo è giunto all’ennesimo tornante della sua straordinaria storia secolare. Ancora oggi dà lavoro a oltre 3.700 persone e il fatturato 2022 dovrebbe tornare sui livelli del 2019 con l’ebitda attorno ai 20 milioni di euro. Andrea Donà dalle Rose dopo che lo zio Pietro uscì sbattendo la porta, dal 2007 si assunse l’onere, con le sorelle Isabella e Rosanna, di ridisegnare la governance del gruppo grazie all’abilità di Antonio Favrin, che con la sua Fiber Five ha rastrellato anche il 33% di Ratti spa, ben amministrata da Sergio Tamborini, mentre una quota analoga è di proprietà di Manifatture Internazionali. In questo domino societario potrebbe tornare a rivestire un ruolo di primo piano Matteo Marzotto, che fu anche lui a vendere le quote di Trenora all’ing. Favrin, con il fratello Vittorio, prima di virare i suoi interessi imprenditoriali verso altri lidi. Le disponibilità finanziarie non gli mancano. In questo scenario in cui per l’ennesima volta i Marzotto di sesta e settima generazioni, i cui genitori e nonni negli anni Cinquanta erano conosciuti come i conti correnti per la perizia con cui passavano dai bolidi della Mille Miglia alla gestione del loro impero, sono di nuovo pronti a confrontarsi con la consueta schiettezza. E l’immancabile legittimo orgoglio. Il dolore per la morte di Andrea, Rosanna e Margherita li ha riuniti nel nome di una dinastia che non si accontenta delle pagine della storia industriale scritta anche dallo zio Pietro. Di cui vuole smentire, ancora una volta, il pessimismo.


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