Lavoro

Ma quale posto fisso… Il ministro, i fighetti e la poltrona pubblica

di Eleonora Ciaffoloni -


Posto fisso? No, grazie. Preferisco il posto figo. Sembrerebbe così essere tramontato il mito del lavoro stabile, quello solido, quello sicuro e mediamente retribuito che le vecchie generazioni – almeno fino a ieri – hanno agognato e cercato per anni.
Una teoria, quella del “posto figo”, portata avanti dal ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo: “Oggi i giovani non cercano la stabilità, cercano un virtuoso equilibrio tra l’attività professionale e la loro vita privata. Quindi quando cercano il posto di lavoro non si accontentano di un posto fisso, vogliono avere un lavoro che sia ben retribuito, capace di valorizzarli, che dia loro delle opportunità di crescita e che sia capace di bilanciare l’aspetto professionale con quello della vita privata”. Una prospettiva niente male, ma forse non troppo avvezza a chi con il mito del posto fisso ci è cresciuto – e l’ha sognato.

TUTTO DA RIFARE

Una considerazione sul cambiamento di prospettiva che il ministro Zangrillo fa probabilmente a seguito di una presa di coscienza sul funzionamento – forse obsoleto – e sull’attrattività – più scarsa di un tempo – del lavoro nella pubblica amministrazione. Perché la stabilità lavorativa è sì importante, ma non è l’unica cosa a cui i giovani di oggi puntano e questo spiega molto spesso le difficoltà – sia nel pubblico che nel privato – di trovare personale.
E non tanto perché “i giovani non hanno voglia di lavorare”, ma perché chiedono il benessere e la crescita che potrebbero e vorrebbero avere.
Una necessità ben spiegata dalla fuga di giovani talenti che lasciano l’Italia per un lavoro più affine e meglio retribuito all’estero: “Questo è un tema che si deve porre il Paese” ha detto Zangrillo. Un tema che per il ministro coinvolge cosiddetta la valorizzazione del merito. Quindi, la Pubblica Amministrazione dovrebbe essere in grado di valorizzare i giovani visto che “quelli bravi e con talento, lasciano l’Italia perché hanno la sensazione che questo Paese non sia capace di valorizzarli” ha detto il ministro, spiegando: “Per valorizzare le persone dobbiamo garantire loro un’organizzazione capace di dare loro formazione, e quindi fare in modo che le persone possano crescere dal punto di vista delle competenze, che si traduce in capacità, in saper fare e quindi nella possibilità di ambire all’ascensore sociale nell’organizzazione”. Una volontà di cambiamento che vorrebbe da un lato avvicinare i giovani e, dall’altro, riuscire a scalfire il pregiudizio che aleggia attorno alla Pubblica Amministrazione. Un cambiamento che parte dalle persone, dice Zangrillo: “dal reclutamento, alla formazione, passando per la misurazione dei risultati” in modo da interrompere “quella narrazione fuorviante che poggia le basi su una distinzione tra aziende pubbliche e aziende private, dipendenti pubblici e dipendenti privati”. Infine, il ministro ha assicurato: “Lavorerò al limite delle mie forze per superare il racconto di una pubblica amministrazione lenta, arcaica, inefficace, piegata su sé stessa” e quindi più vicina alle nuove generazioni. Ma non basta.

SNODO RETRIBUZIONI

Attrattività, valorizzazione, merito, vicinanza ai giovani: tutto giusto, affine al presente. Ma non basta.
A un certo lavoro deve corrispondere una certa retribuzione. È quello che chi cerca di entrare nel mondo del lavoro si augura, ma che molto spesso non trova. E così, il ministro Zangrillo prende in considerazione anche il tema della retribuzione che, dice, è “una delle voci su cui lavorare per rendere attrattiva la Pubblica Amministrazione”, con l’intenzione di “accompagnare la crescita retributiva delle persone come avviene nel settore privato, è una delle chiavi è il merito”. Un modo per rendere il posto fisso anche “un posto figo”, ma soprattutto per ripopolare un settore che negli ultimi anni fatica a trovare personale. I nuovi inserimenti, infatti, sono “una sfida di straordinaria importanza” perché “veniamo da dieci anni di desertificazione” con 300mila persone in meno negli ultimi dieci anni. L’anno scorso, spiega Zangrillo, “abbiamo ricominciato ad assumere, ne abbiamo inseriti 173mila e lo stesso numero verrà inserito nel 2023, e andremo avanti fino al 2026 assumendo circa 150mila persone”.
Intanto la scorsa settimana il governo in Consiglio dei ministri ha approvato il decreto Pa che prevede, oltre alle assunzioni, una norma che prevede la possibilità di stabilizzare persone assunte nel passato con contratto a tempo determinato e che hanno maturato almeno 36 mesi nella pubblica amministrazione. Tutte misure che vorrebbero rendere il lavoro nella Pa più attrattivo, con un mantra: “lasciamo il mito del posto fisso a Checco Zalone”.

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