Macron contro Salvini: scontro reale o show da baraccone?
Tra silenzi imbarazzati e parole sparate a effetto, la politica estera italiana oscilla tra teatrino e diplomazia improvvisata
C’è un silenzio che fa più rumore delle uscite del buon Matteo: quello di Giorgia Meloni.
Mentre il leader leghista continua il suo tiro al bersaglio quotidiano contro Emmanuel Macron – «permaloso, ci vada lui in Ucraina» – da Palazzo Chigi trapela solo il fruscio delle vacanze blindate in valle d’Itria. Non una smentita, non un sorriso diplomatico pro o contro. Nulla, solo un silenzio assordante.
Comunicazione o fuochi d’artificio?
Il punto, però, non è Macron. Il punto è la comunicazione, che oggi sembra vivere in un paradosso permanente: dire tutto, dire troppo, dire male. La politica si è ridotta a un talk-show continuo, dove le parole non sono strumenti di governo ma fuochi d’artificio da accendere ogni giorno. L’autorevolezza ha cambiato città, regione, nazione e forse anche pianeta.
Tribuno o distrattore di massa?
Così, davanti al presidente francese che agita lo spettro dei “soldati europei in Ucraina”, Salvini indossa i panni del tribuno e difende il “pensiero vero” della pancia italiana: no alle truppe, no all’escalation, no a chi “vuole la guerra”. È convinzione sincera o semplice provocazione? Dipende da chi ascolta.
Per qualcuno è un’arma di distrazione, per altri un baluardo anti-Bruxelles, per i più scettici solo la solita telenovela della coalizione: scazzottata in pubblico, accordo in privato.
Pro o contro, dove si decide?
Ma intanto, nel gioco delle parti, la politica estera italiana sembra fatta più a Pinzolo che a Palazzo Chigi. La diplomazia rischia di diventare come una partita di calcio giocata in spiaggia: tanta sabbia negli occhi, molta confusione, e il pallone che finisce sempre in mare.
E allora la domanda resta sospesa: stiamo ancora facendo politica estera o soltanto intrattenimento estivo per un Paese che non sa più distinguere tra diplomazia e cabaret?
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