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Made in Italy sotto scacco: i dazi e la Pac fanno paura

di Marco Montini -

epa11955083 Ursula von der Leyen, European Commission President, speaks during a debate on 'European Council meetings and European Security' at the European Parliament in Strasbourg, France, 11 March 2025. The EU Parliament's session runs from 10 till 13 March 2025. EPA/RONALD WITTEK


“E adesso sono dazi nostri”. Amari, amarissimi, starà pensando in maniera colorita e sarcastica più di qualcuno. L’annuncio di nuove tariffe al 30% da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump riaccende l’allarme nel mondo agricolo italiano. È una mossa che rischia di trasformarsi in una vera e propria scure sulle esportazioni del Made in Italy, penalizzando soprattutto quelle piccole e medie imprese del comparto agroalimentare che hanno faticosamente conquistato spazi nei mercati internazionali. Da una parte si profetizza la descalation, dall’altra Bruxelles sembra voler tentare una tregua armata con un pacchetto di contromisure tariffarie sulle importazioni a stelle e strisce in Europa.
In questo contesto in continua evoluzione, le associazioni di categoria sono in fibrillazione: a preoccupare non è solo la portata economica dei dazi, ma anche il segnale politico di una nuova eventuale stagione di tensioni commerciali che rischierebbe di travolgere, ancora una volta, l’agricoltura europea e italiana.

Da più parti, alla premier Meloni e alla presidente della commissione Ue Von der Leyen si chiede una risposta ferma e unitaria: l’agroalimentare non può diventare ostaggio di guerre commerciali. Ora più che mai dunque si necessita dell’arma della diplomazia, nella speranza che Trump sia realmente disposto ad ascoltare e a risolvere in maniera condivisa e fruttuosa per tutte le parti in gioco. “Serve un’azione diplomatica forte per trovare una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora”, ha dichiarato non a caso il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini. L’export agroalimentare negli Usa d’altronde è cresciuto del 158% in dieci anni e oggi gli Usa rappresentano un mercato di riferimento mondiale per cibo e vino Made in Italy, con 7,8 miliardi di euro messi a segno nel 2024. Secondo Fini, “l’Italia può e deve essere capofila in Europa nel negoziato con Trump”. Anche, secondo il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sempre a commento della lettera trumpiana di annuncio dei dazi, “come Europa dobbiamo essere uniti nel negoziato e trovare una soluzione che non affossi l’economia del nostro continente e che non metta in discussione i sistemi produttivi sul tema delle barriere non tariffarie”.

Mentre per il presidente della Copagri Tommaso Battista, “il pericolosissimo balletto dei dazi messo in scena dall’amministrazione statunitense non fa altro che influenzare negativamente i mercati, incidendo concretamente sulla serenità e sulla capacità di programmazione delle imprese e rischiando di assestare un colpo durissimo all’agroalimentare italiano”.
La riflessione di Copagri dunque è quella di “accelerare il ragionamento in atto sull’apertura di nuovi mercati, con particolare riferimento ai paesi del Mercosur e a quelli del Sud-Est asiatico, tenendo sempre in debita considerazione l’importanza della reciprocità”.
Duro il commento di Andrea Tiso, presidente di Confeuro che bolla come “provocatorio e irresponsabile” l’atteggiamento di Trump, nella convinzione maturata che “questa guerra commerciale non fa bene a nessuno, tanto meno ai piccoli e medi produttori agricoli italiani, che già affrontano sfide importanti legate ai costi di produzione, alla concorrenza internazionale e ai cambiamenti climatici. Ci aspettiamo dalla Ue una reazione ferma, razionale e costruttiva.

È il momento di rafforzare la nostra autonomia strategica attraverso una PAC forte, equa e indipendente, e di aprirci con decisione a nuovi mercati internazionali alternativi”. Ma quanto potrebbero impattare i dazi al 30%, annunciati da Washington, sul settore primario europeo? Potrebbero costare alle famiglie statunitensi e all’agroalimentare italiano fino a 2,3 miliardi di euro di danni diretti. È quanto emerge da una stima Coldiretti, effettuata sulla base dell’impatto per le filiere nazionali già sperimentato in occasione delle tariffe aggiuntive imposte dal tycoon nel suo primo mandato, che aveva portato a un calo delle vendite a doppia cifra per i prodotti colpiti.
PAC, IL FRONTE AGROALIMENTARE
DICE “NO AL FONDO UNICO
C’è poi un altro fronte aperto in tema agroalimentare, una questione che le associazioni di categoria temono e alla quale si oppongono forte: l’ipotesi della Pac in un fondo unico con altri strumenti di spesa Ue. Una simile scelta, per le rappresentanze agricole, sarebbe un “errore” strategico e politico, “sottrarre risorse all’agricoltura produttiva mettendo a rischio l’efficacia stessa della Pac nel sostenere le imprese agricole di fronte alle sfide globali e ambientali.

L’idea di un fondo unico si tradurrebbe in un indebolimento della politica agricola”, ha spiegato in tempi non sospetti Coldiretti. Che proprio ieri è passata all’azione con centinaia di giovani agricoltori in piazza in un blitz coordinato davanti alla Commissione Europea a Bruxelles e in 3 punti di Roma “per denunciare il tentativo dei tecnocrati europei, guidati da Ursula Von der Leyen, di distruggere l’agricoltura, la produzione di cibo e la sicurezza alimentare in Europa, mettendo a rischio le fondamenta stesse della democrazia. Abbiamo bisogno dell’Europa come il pane, ma questa non è l’Europa che vogliamo. Benvenuti a Vonderland, questa non è Europa”, ha raccontato Coldiretti stessa sui social.
E la possibilità di un fondo unico in cui accorpare la politica agricola comune non è ben visto neppure da molti governi continentali, inclusa l’Italia: in più occasioni, infatti, il ministro della Agricoltura Lollobrigida ha ribadito la necessità di mantenere la Pac distinta dalle altre politiche dell’Unione Europea, esprimendo riserve sull’ipotesi di un fondo unico per gli strumenti di intervento. A tal proposito, gli occhi di istituzioni e agricoltori saranno puntati adesso a Bruxelles, dove proprio in queste ore – se la tabella di marcia istituzionale sarà rispettata – è fissata la presentazione da parte della commissione Ue del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) post-2027. Praticamente un punto di non ritorno?


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